All’inizio del lockdown mi sono reso conto che la maggior parte delle mie attività professionali (lezioni, seminari, convegni, workshop) erano rigorosamente “in presenza”. Prova ne era che in pochi giorni dall’inizio della Fase 1 arrivarono tutte le disdette per i diversi incarichi che avevo (faticosamente) venduto e programmato per il primo semestre 2020.
Fino a quel momento, ero convinto che il trasferimento dei miei lavori sulle piattaforme digitali sarebbe stato impossibile – senza perdere l’80% dell’efficacia – e, anche per questo, ero certo che nessuno mi avrebbe mai potuto obbligare ad abbandonare i vecchi metodi. Anzi, per certi versi mi vantavo di essere del tutto analogico, evitando addirittura di usare proiettore e presentazioni PowerPoint, se non per il minimo indispensabile. Oggi, so che mi sbagliavo. A pochi mesi di distanza dall’inizio della (mia) crisi posso dire di essere riuscito a ripensare, e portare in ambiente digitale, molte attività. E, dopo una serie di prove e progetti per aziende e organizzazioni portati avanti insieme all’EIIS (European Institute for Innovation and Sustainability), sono riuscito anche a ideare format nuovi, basati su alcune regole apprese dopo una serie di errori iniziali.
Le regole possono essere riassunte nelle “4i” (la quinta sarebbe Internet, ma quella la darei per scontata): ingaggio, interazione, intrattenimento e immediatezza.
Ingaggio: il problema principale è convincere le persone a lasciarsi coinvolgere. Quando tra noi e il resto del mondo – siano persone o contenuti – si frappone uno schermo, avviare una relazione è molto meno facile. D’altronde, il significato letterale della parola “schermo” suggerisce proprio un effetto di difesa e separazione tra due soggetti. Pertanto, mentre nell’off line il ritrovarsi insieme, ad ascoltare o discutere attorno ad una qualunque tematica, può essere, di per sé, un buon motivo per accettare un invito – nella consapevolezza che i momenti di vero valore aggiunto saranno comunque il coffee break, la pausa pranzo e le cene istituzionali – nell’on line sono (solo) i contenuti, gli interlocutori e le notizie a creare l’appeal. Quindi, quando si organizza un webinar, un workshop o una semplice riunione on line, sebbene idealmente la platea potrebbe essere amplissima, di fatto non è così facile raccogliere pubblico senza promettere qualche elemento di unicità che ci distingua da tutta la numerosissima concorrenza che, specialmente oggi, affolla i nostri social e le nostre caselle di posta elettronica;
Interazione: nelle situazioni on line è più difficile interagire, non solo per motivi tecnici (connessione, audio, video ecc.), ma anche perché le persone, “schermate” dai loro device, non hanno sempre piacere di uscire allo scoperto. Questa ritrosia può dipendere da diversi fattori, a volte banali – come «non voglio attivare la videocamera per non far vedere la mia casa in disordine, o i miei capelli spettinati» –, altre volte più complessi, perché legati alla naturale timidezza o incapacità di parlare senza avere fisicamente un interlocutore davanti. Questo implica che la progettazione di un qualunque evento deve prevedere momenti ad hoc. Per esempio: instant poll, fasi di domanda e risposta, o materiali da fruire, ex ante, in modo da poter interagire con maggiore consapevolezza;
Intrattenimento: se non c’è un minimo di divertimento le persone si annoiano subito. Anche in questo caso, la versione on line degli eventi formativi o seminariali ha bisogno di molto più investimento in termini di produzione di contenuti, immagini, video, animazioni varie. Di fatto, il confronto non è con le lezioni in aula o i convegni, ma con i talk show televisivi, dove il cambio di prospettiva, di immagine o di interlocutore è continuo. Mi sono reso conto, cronometro alla mano, che in televisione la stessa inquadratura non dura mai più di 20 secondi. Questo vuol dire che noi restiamo incollati allo schermo televisivo non tanto per la qualità dei contenuti ma, soprattutto, per il montaggio che ne viene fatto, il quale determina un effetto ipnotico. Pensare di intrattenere il pubblico portando una tavola rotonda on line, senza ripensarne – da zero – la dinamica, è come sperare di attrarre gli appassionati di teatro promettendo una pièce in tv;
Immediatezza (ma non improvvisazione): la velocità è il quarto driver essenziale delle attività on line. Velocità non solo in termini di regia dell’evento (come detto al punto precedente), ma anche come durata totale dello stesso. Dedicare una mezza giornata, un giorno (talvolta anche più) a un seminario o a un corso “in presenza” in fase pre-Covid non era strano anzi, di fatto, era la norma. Ma quando si è on line le cose cambiano. Per l’esperienza che sto facendo in questi mesi, potrei dire che una lezione non può durare più di mezz’ora, una riunione al massimo un’ora e un vero e proprio workshop – con lavori di gruppo, testimonianze e interazioni varie – 2 ore e mezza. E, di certo, non sono ammessi ritardi né interruzioni di alcun tipo: pena la perdita immediata dei partecipanti.
In definitiva, quindi, la transizione digitale degli eventi formativi e seminariali richiede non tanto nuove competenze tecnologiche ma, soprattutto, un diverso modo di progettare. Ruoli non così essenziali nelle attività “in presenza” – come quello del regista o del moderatore – adesso sono imprescindibili. E, soprattutto, la progettazione minuto per minuto dell’evento, come ormai siamo abituati a fare all’EIIS, è l’unico modo per evitare il rimpianto per gli incontri e le lezioni pre-Covid.
Carlo Alberto Pratesi è docente presso l’Università Roma Tre ed EIIS – European Institute for Innovation and Sustainability
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