Il “Senato approva”

Ieri il governo ha incassato la fiducia sul ddl “La buona scuola” al Senato, con 159 sì e 112 no: 47 i voti di scarto e 2 voti in meno rispetto alla maggioranza assoluta. Numeri che spingono Lega e Forza Italia a chiedere al presidente del Consiglio di “prendere atto che non ha più la maggioranza assoluta a palazzo Madama” e quindi deve recarsi al Colle dal presidente della Repubblica, perché “ora le dimissioni sono un atto dovuto”, ha spiegato Roberto Calderoli. Ma la maggioranza tira dritto. Renzi ritwitta un post dei senatori Pd che esultano: “Il Senato approva la buona scuola, 3 miliardi di investimenti e 100.000 nuovi docenti assunti”. E il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, precisa: “La maggioranza è solida, non mi sento un ministro commissariato”. Giannini, subito dopo il semaforo verde dell’Aula, ha inviato un sms a Renzi di soddisfazione: “Ce l’abbiamo fatta”. Sempre il ministro, poi, ha rivendicato: “Il provvedimento è molto chiaro, i soldi sono lì, ci sono 3 miliardi dal prossimo anno. Confermiamo le 100 mila assunzioni”. Tuttavia, la maggioranza ha perso qualche pezzo: tre i senatori Ncd che non hanno votato la fiducia (Esposito e Bonaiuti, entrambi assenti per motivi di salute, viene riferito, e Giovanardi). Defezioni anche tra le file del Pd: Tocci, Mineo, Ruta e Casson non votano la fiducia (Casson, però, risulterebbe assente giustificato). Vota a favore della fiducia il presidente emerito della Repubblica e senatore a vita, Giorgio Napolitano, con sottofondo i cori di protesta dei grillini. Ed è proprio la protesta delle opposizioni – dentro e fuori il Parlamento – a fare da contraltare al voto di fiducia: la Lega ha srotolato striscioni in Aula con su scritto: “Difendiamo i nostri bambini dalla scuola di Satana”. Incassato il sì sulla scuola, la maggioranza ora lavorerà al rush finale sulle riforme prima della pausa estiva. Riforma costituzionale, unioni civili, ma anche la prescrizione sono i temi sul tappeto. A cui si aggiunge, volendo, anche la riforma Rai. Tutti argomenti in grado di scatenare nuove divisioni tra le varie anime dell’esecutivo. Lo scoglio resta sempre il Senato: secondo qualcuno le defezioni tra le fila del Nuovo centrodestra sarebbero destinate ad aumentare. Ci sono le “incomprensioni” interne al Partito democratico, con una sinistra dem sempre più agguerrita e decisiva al Senato. Per evitare ulteriori tensioni nella maggioranza il premier potrebbe decidere di far slittare a settembre il ddl sulle unioni civili e cercare invece il via libera di palazzo Madama sulle riforme costituzionali e probabilmente sulla Rai. “Sulle riforme troveremo un accordo”, fanno intendere gli alfaniani di Area popolare. Ma le unioni civili e anche la legge sulla prescrizione restano uno scoglio, né sembra vedersi ancora una soluzione condivisa. Sui tempi della prescrizione, da raccordare al ddl anticorruzione che ha aumentato le pene per i reati contro la pubblica amministrazione, la maggioranza tornerà presto ad incontrarsi con il ministro della Giustizia, Andrea Orlando. Una riunione era prevista per ieri in Senato, si apprende in ambienti parlamentari, ma la contemporaneità con la chiama sulla fiducia per il ddl sulla riforma scolastica l’avrebbe fatta slittare. “Se viene fuori una buona legge sulla prescrizione ci stiamo”, viene spiegato in ambienti Ncd, ma se vogliono fare “norme bandierina” se le possono votare da soli. E le distanze fra le due anime del governo Renzi non sembrano sul punto di accorciarsi.

A prescindere dai numeri della sua maggioranza, il presidente del Consiglio può dirsi soddisfatto per il risultato raggiunto in sede europea. L’Unione europea avrebbe infatti accettato di ripartire con un “sistema di quote” i migranti aventi diritto alla protezione internazionale. L’accordo è stato trovato durante la notte dopo un tesissimo Consiglio europeo sul futuro della Grecia. Il compromesso dovrà ora essere messo nero su bianco dai Ministri dell’interno dei Ventotto entro la fine di luglio. Ancora nulla di fatto, invece, sul debito di Atene. La trattativa tra Tsipras e i creditori sembra ormai su un binario morto: lo stallo è causato dalla richiesta di un’ulteriore riforma delle pensioni per sbloccare altri 7,2 miliardi di aiuti. L’agenzia di rating Standard & Poor’s ha già avvertito: “I limitati progressi nelle trattative tra la Grecia e i creditori visti fino a oggi suggeriscono che l’uscita di Atene dalla zona euro sia possibile”.

Alle 18 di oggi si riunirà il Consiglio dei ministri. L’ordine del giorno non è stato ancora reso noto ma, con tutta probabilità, si licenzieranno i decreti legislativi relativi alla “delega fiscale”: il termine per l’esercizio della delega scade, infatti, domani.

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