L’Europa può essere riformata. La Grecia lo dimostra

grecia

L’esito del referendum greco ha due grandi sconfitti. Il primo sconfitto è l’establishment tecnocratico e politico che ha reso irriconoscibile il progetto europeo delle origini, dando una priorità assoluta e insensata agli interessi della finanza internazionale, a scapito della dignità del lavoro e della democrazia.

L’altro grande sconfitto è il blocco delle forze populiste e nazionaliste che cavalcando lo scontento diffuso per la crisi, rischiano di sfasciare l’Europa. Il voto greco dimostra invece che l’Europa è riformabile quando la sovranità torna al popolo sia a livello nazionale che a quello comunitario.

La Grecia non avrà risolto i suoi problemi ma l’esito della consultazione referendaria le conferisce adesso maggior forza contrattuale, ottenuta nonostante l’ignobile tentativo di condizionamento del voto messo in atto dalle istituzioni finanziarie europee con la riduzione della liquidità di emergenza delle banche greche, che costituisce un accanimento su pensionati e famiglie, fatto da chi nel contempo pompa senza interruzione quantità incomparabilmente superiori di liquidità nei bilanci degli istituti di credito europei.

Il voto di oggi potrebbe essere ricordato come l’inizio del crollo dell’ultima dittatura rimasta in Europa, quella dell’attività finanziaria speculativa.

Bisogna allora dare seguito a questa istanza di profondo cambiamento che arriva dai Paesi meridionali dell’Europa: oggi la Grecia, domani la Spagna, il Portogallo, l’Italia e la Francia.

Nella politica italiana si sente ora un coro unanime di critica all’austerità. Ma saranno credibili solo coloro che faranno anche i fatti.

Lo si capirà, ad esempio, da come sarà articolata la legge di stabilità 2016, se conterrà, nel contempo, più investimenti per lavoro e sviluppo, più spesa sociale, con l’introduzione di una misura universale per la lotta alla povertà, minori tasse per lavoratori e famiglie e sui patrimoni immobiliari dei ceti medio bassi, in modo da innescare un circolo virtuoso che porti alla ripresa della domanda interna.

Ciò naturalmente implica la determinazione politica di ridiscutere vincoli e trattati europei, di togliere immediatamente il pareggio di bilancio dalla Costituzione, non fermandosi al primo no di qualche euroburocrate, ma giungendo, se necessario, al ricorso al referendum anche in Italia.

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