Globalizzazione con la retromarcia o no?

‘Ma cos’è questa crisi?’, cantava tanti anni fa un famosissimo motivetto.
Poi la gente, anche quella comune, cominciò a chiedersi che cosa significasse la parola globalizzazione.
Parola che a molti sembrò entusiasmante, e, nessuno almeno all’inizio di questo ciclo globale, individuò subito e bene i problemi che si sarebbero creati.
Non diciamo certo questo perché attratti dal passato, bensì per raccontare un po’ di fatti che hanno costituito un cambiamento epocale per milioni e milioni di lavoratori e di loro famiglie.
Ad un certo punto si sono trovate semplicemente e drammaticamente sole di fronte alle loro vite e sul come vivere.
Ricordiamo i minatori inglesi, i metallurgici italiani e francesi, i contadini spagnoli e le prime, ma già drammatiche ondate migratorie, ed anche la complicatissima strada per la ricerca di un lavoro per i nostri giovani.
Come ogni rivoluzione non guarda in faccia a nessuno.
Poi tutto sembrò assestarsi e ripartire. Un sospiro di sollievo? Neanche per sogno.
Il mondo globale parve a tutti grande, grandissimo, e l’individuo piccolo piccolo, quasi insignificante e inutile.
Poi, per fortuna, grandi speranze e occasioni di rilancio in un modo nuovo e duro, fatto di concorrenza spietata, ricerca sempre più sofisticata, speculazioni di ogni risma al limite stesso della legalità, ma sempre a danno del cittadino, anzi alla faccia del concetto stesso di cittadinanza.
Oggi, molti esperti, ci informano che anche la globalizzazione rischia di entrare in crisi a causa di nuove ed inedite forme protezionistiche. Dazi, certificazioni, nuove gabelle, ecc. ecc. ecc.
Ma non è che ci vogliono nascondere la sostanza del problema? Quale?
È appena cominciata la dura lotta per chi deve comandare nella globalizzazione stessa.

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