Cinni di guerra – Memorie e fantasie di bimbi che videro passare il fronte è la prima pubblicazione curata insieme dai fratelli Savini, Giacomo e Giuseppe, edita da Minerva. Il libro si compone di cento testimonianze, fornite direttamente da quelli che sono stati i bambini di ieri, coloro che con la guerra hanno condiviso l’infanzia o l’adolescenza. Non sono solo gli ultimi, preziosi testimoni di una storia che, si sa, ha segnato tragicamente l’umanità intera, ma sono anche gli ultimi in grado di raccontare questi eventi dal punto di vista di un bambino, perché tali erano all’epoca dei fatti. Così i “cinni” (letteralmente dal dialetto bolognese “bambini”) diventano il filtro attraverso il quale dare una nuova prospettiva al racconto della Storia con la “s” maiuscola. E, allo stesso tempo, il dialetto, presente fin dal titolo, si impone prepotentemente quale mezzo per delimitare l’ambito del racconto: Bologna, il centro della città, la periferia, la sua montagna e la pianura verso il Po.
Ezio Cesarini. Italiano, antifascista, giornalista
I racconti si incrociano, si sovrappongono, si confondono, dando vita a piani di osservazione molteplici e differenti
Quelle raccolte da Giacomo e Giuseppe Savini sono memorie infantili, fantasie, paure, angosce, accadimenti tragici ma, a volte, anche banali che, proprio nella loro semplicità, riescono a mostrare la quotidianità, l’altruismo e il senso di fraternità che ha accomunato intere famiglie. È impressionante come, a distanza di decenni, i ricordi siano ancora vividi, dettagliati, impressi nella mente; memorie che non si possono cancellare o superare facilmente e, proprio per questo, rimaste con chi racconta fino alla vecchiaia. Sono testimonianze che non raccontano solo una storia – quella che tutti conosciamo, che abbiamo letto o studiato sui libri – ma un vissuto che, oggi, ci appare così distante e irripetibile, solo un brutto incubo: la fame, i bombardamenti, le SS, i rastrellamenti, i morti. I racconti si incrociano, si sovrappongono, si confondono, dando vita a piani di osservazione molteplici e differenti. Ci sono, poi, elementi comuni, rimasti nei ricordi di tutti questi bambini, come ad esempio il ronzio di Pippo, nome ironicamente dato all’aereo che volava di notte preannunciando un bombardamento, unico modo di “esorcizzare” la paura di una morte imprevedibile.
Come insegnare la Shoah e mantenere viva la memoria?
Forme dialettali ed espressioni caratteristiche per essere più fedeli al ricordo
La narrazione è organizzata cronologicamente in base alla data di nascita degli intervistati e sono state realizzate dagli autori stessi fra il 2017 e il 2019. Scelta consapevole è anche quella di mantenere le forme dialettali, espressioni caratteristiche, errori grammaticali, lessicali o sintattici eventualmente commessi dai testimoni nel corso delle interviste, in modo da essere il più fedeli possibile al ricordo di chi racconta. In queste pagine ritroviamo i nostri nonni, i nostri genitori, situazioni di cui magari non si parla più – come ad esempio la storia di una famiglia che è rimasta per ben cinque giorni con due cadaveri in casa per l’impossibilità di seppellirli – o che magari non ci si aspetta – come ad esempio la bontà di alcuni giovani soldati tedeschi pronti a far felice una bambina facendola salire sul carro armato – ed è ciò che, alla fine della lettura, fa restare con un nostalgico, affettuoso, senso di condivisione.