Europa e Africa, un futuro condiviso oltre “l’inerzia del mondo”

europa e africa

Nella sua visita in Algeria il Presidente Mattarella ha ricordato una verità a cui non si fa spesso riferimento. Ha parlato di un “futuro comune” che lega Europa e Africa: due facce della stessa medaglia. Quasi a fargli eco in un articolo a firma Alberto Majocchi il quotidiano la Stampa ricordava quasi contemporaneamente la necessità di una più forte cooperazione fra Europa e Africa se si vogliono affrontare con realismo i problemi della crisi climatica. D’altra parte al G20 di Roma la Presidenza italiana aveva invitato – anche se a titolo di osservatore senza diritto di voto – l’Unione Africana con un segnale di attenzione rivolto per la prima volta a questa realtà in piena e straordinaria trasformazione. Segnali incoraggianti che qualche cosa forse si muove anche in quel mondo della politica estera fatto ancora per molti versi di passato e di sua costante e monotona rilettura. 

Prodi rimprovera “l’inerzia del mondo” per il dramma dell’Etiopia

Oggi Romano Prodi rilancia però dalle colonne del Messaggero il tema della scarsa considerazione riservata dalla comunità internazionale, e in particolare dall’Europa, a quanto avviene in Africa condannando “l’inerzia del mondo” per il dramma dell’Etiopia.  

Della importanza dell’Africa, della sua presenza e influenza nella nostra vita si continua in effetti a parlare troppo poco, con grande approssimazione e con una assai scarsa visione di quel “comune futuro” che per essere tale dovrebbe essere costruito insieme, impegnandosi tutti in un dialogo costruttivo di sempre più ampia portata. Eppure parliamo di un Continente che si avvia ad avere quasi due miliardi di abitanti e che si trova vicinissimo a noi ed all’Europa. Avviene come se l’Africa – ed in particolare quella a Sud del Sahara o Africa Nera – non facesse parte del mondo. Non esiste, al punto da poterne ignorare il contributo ed il peso nel disegnare le nuove strategie della politica internazionale e di quella nazionale.

Già una decina di anni fa l’Università di Pavia organizzò un seminario dedicato alla “Europa africana” per sottolineare non solo l’impatto straordinario e crescente che l’Africa ha avuto e già ha sull’Europa, ma per richiamare l’influenza che lo sviluppo delle relazioni e soprattutto l’evoluzione che caratterizza le due società – quella europea e quella africana – avranno sul futuro dell’Europa. Fu anche l’ultima volta che un eccellente studioso italiano di Africa come Calchi Novati (di cui si sente ancora viva la mancanza) manifestò in pubblico le sue motivate opinioni in merito. Pochi mesi fa lo stesso professor Majocchi, autore dell’intervento sulla Stampa, aveva curato la pubblicazione per conto del Centro Studi sul Federalismo di Torino di alcuni importanti contributi affidati ad autorevoli specialisti in un libro dal titolo altrettanto significativo Europe and Africa: a shared future a cui Majocchi fa adesso diretto riferimento. Ricordando alcune delle più significative tappe dello sviluppo africano (in primo luogo la creazione di quell’area di libero scambio che giù unisce le economie di Stati con oltre un miliardo di abitanti) gli scritti sottolineano con accenti diversi quel legame – non solo e non tanto storico e culturale ma soprattutto economico, politico e strategico – fra i due “soggetti”. Romano Prodi fa anzi riferimento, già nella introduzione del libro, a quel rapporto a tre tra Africa, Europa e Cina, apparentemente imposto dagli attuali trends di sviluppo (“it is right for this volume to address the need for a new alliance between Europe and China”).

Decine di migliaia le imprese italiane che già operano in Africa

Secondo dati recenti sarebbero diverse decine di migliaia le imprese italiane che già operano in Africa, dove la popolazione non cessa di crescere e quindi, insieme con essa, la domanda interna di beni e servizi. Dove cresce la classe media, il numero delle Università e dei Centri di Ricerca. Dove cresce la percentuale di giovani ormai inseriti in un mondo di avanzate tecnologie di comunicazione e di lavoro. E dove tutto questo si aggiunge a quella straordinaria ricchezza di materie prime, di sole, di terra, di biodiversità che da sempre ne ha costituito l’innegabile imponente patrimonio. In Africa si confrontano e si scontrano quelle correnti di pensiero che sono le vere forze profonde delle società umane come l’Islam, il Cristianesimo e ed il vasto mondo delle culture tradizionali. In Africa si affaccia con forza e vitale originalità la Cina, vera nuova grande potenza mondiale con cui dovremo cooperare e dialogare con sempre maggiore frequenza. In Africa non si può d’altra parte non affrontare il tema del razzismo e della discriminazione. Tema diventato ormai uno dei problemi fondamentali – insieme con le discriminazioni di genere a danno delle donne e le crescenti disparità fra ricchi e poveri – che minacciano l’ordinato sviluppo delle nostre società.   

In Africa si affaccia con forza e originalità la Cina

Cosa può fare l’Europa con la sua declinante popolazione di anziani che sembrano spesso vivere di passate memorie, se in cima alle priorità politiche dell’agenda europea non si pone la necessità di creare e di rendere forte un nuovo e diverso rapporto con questa realtà africana per molti versi complementare e capace di colmare le carenze europee? Cosa possono fare i singoli paesi europei stretti nella morsa delle potenze che aspirano al controllo politico ed economico del mondo? Possiamo ancora parlare ragionevolmente di una dimensione internazionale di paesi come la Francia o la stessa Germania senza cadere nell’illusione della nascita di quella nuova identità europea che appare sempre più indeterminata e remota?

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Un semplice sguardo alla carta geografica e ai dati del clamoroso sviluppo dell’Africa dovrebbe essere sufficiente per capire che il futuro dell’Europa si gioca proprio in Africa e per riconoscere la tempestività ed il valore delle dichiarazioni rese dal Presidente Mattarella ad Algeri dopo aver scoperto insieme agli algerini una lapide celebrativa di Enrico Mattei, eroe dell’amicizia italo algerina. Come gestire il problema dei crescenti flussi migratori senza una stretta cooperazione fra Europa – con l’Italia in prima fila – e i paesi che originano tali flussi? Come affrontare il problema della mancanza di mano d’opera giovanile nei nostri paesi a bassa e decrescente natalità senza politiche coordinate di un inserimento di giovani africani nei nostri sistemi produttivi facilitato dalla loro creatività e dalle comuni basi culturali e linguistiche? Come dare concreta applicazione agli obiettivi di uno straordinario sviluppo delle energie pulite necessarie all’Africa e all’Europa senza una stretta e forte cooperazione politica, tecnologica ed economica fra i due Continenti o almeno fra Stati?

L’Europa ha bisogno di una nuova strategia di rapporti con l’Africa

La dinamica imposta da una nuova e diversa strategia di rapporti con l’Africa e con i suoi Stati potrebbe contribuire a ricercare più efficaci forme di collaborazione intraeuropea superando le perduranti divisioni e strozzature. La spinta positiva che già viene, ma che sempre più forte verrà, dallo sviluppo dell’Africa, costituisce una consapevolezza che ormai caratterizza la politica estera della Cina, ma se ne sono resi conto anche gli Stati Uniti, la Russia e persino la Turchia. Intanto il nostro sguardo distratto ci fa perdere posizioni, con danni rilevanti anche per le nostre politiche europee. La visita di Mattarella ad Algeri rappresenta finalmente qualche cosa di nuovo in questo panorama.

*Ambasciatore, già Presidente del Centro per l’Africa della Società Geografica.

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