Giochi e Banche, tra etica e pubblica sicurezza

Dal “gioco d’azzardo” al “gioco pubblico”, una storia nella storia che, senza scomodare gli “astragali” della Magna Grecia, nel nostro sistema normativo quest’anno compie 90 anni e si appresta ad una nuova fase vitale inaugurata dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli in occasione della presentazione del Libro Blu 2019, l’11 settembre scorso.

In vista di un cambiamento di approccio istituzionale innovativo ed incentrato sulla tutela della legalità e sul rafforzamento della responsabilità sociale, uno sguardo retrospettivo può aiutare a comprendere come si è arrivati alla situazione attuale e come affrontare il domani.

Nel nostro ordinamento giuridico il “gioco d’azzardo” è quello previsto dal Codice penale del 1930. In origine, infatti, il legislatore non si è preoccupato di una sua pericolosità sociale o morale, ma essenzialmente dell’ambiente che può crearsi intorno al gioco, con particolare riferimento a quell’insieme di situazioni ed interessi che possono tentare di sfruttare la passione che altri hanno per il gioco e trarre vantaggi illeciti.

Quindi, il primo interesse storicamente tutelato dallo Stato in materia è l’ordine pubblico; il gioco d’azzardo non è punito in sé per sé, ma è passibile di sanzione chi organizza giochi d’azzardo, chi contribuisce alla loro organizzazione (ad esempio, mettendo a disposizione i locali) ed anche chi partecipa ad essi (quindi i giocatori stessi).

Questa è evidentemente la spinta che ha condotto lo stesso legislatore ad includere la disciplina dei giochi con vincita in denaro nell’alveo del Testo Unico delle Legge di Pubblica Sicurezza, approvato con il Regio Decreto del 18 giugno 1931 n. 773 (normativa promulgata ai tempi del re, durante il Regno d’Italia, che – nonostante il tempo trascorso e le modifiche ed integrazioni subite – costituisce tuttora disciplina cardine per il settore del gioco).

È un profilo spesso trascurato, talora anche dai rappresentanti delle Istituzioni, quello che vede gli esercizi che offrono gioco pubblico in modo esclusivo o prevalente, agire in virtù di una concessione statale e di una licenza di pubblica sicurezza rilasciata dalla Questura territorialmente competente ai sensi dell’art. 88 del TULPS.

Se l’onerosa concessione amministrativa fa capo alla società (sovente multinazionale) che ha partecipato alla Gara Pubblica d’Appalto, il titolare della licenza di pubblica sicurezza collegata al diritto concessorio è colui che gestisce di fatto l’esercizio che raccoglie il gioco sul territorio. È costui, l’esercente, che deve possedere i requisiti soggettivi richiesti per svolgere l’attività anche in punto di moralità e rettitudine.

Ne deriva che la rete fisica specializzata, che offre gioco pubblico ed opera sotto l’egida dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, è soggetta ad una forma di controllo di pubblica sicurezza particolarmente pregnante. Infatti, i titolari della licenza e i suoi rappresentanti, appositamente nominati, sono soggetti a periodiche e costanti verifiche in ordine ai carichi pendenti e al casellario giudiziale, oltre ad essere soggetti alle informative antimafia e, quindi, alle interdittive del Prefetto che possono essere emesse su fatti e vicende aventi solo valore sintomatico ed indiziario rispetto a possibili infiltrazioni mafiose.

Inoltre, provvedendo alla raccolta del denaro proveniente dalle giocate per conto dello Stato (pecunia publica), gli esercenti svolgono la funzione di incaricati di pubblico servizio relativamente alle somme destinate alle imposte dovute all’Erario, con tutto ciò che ne consegue in termini di responsabilità anche di natura penale.

I predetti esercizi – come ricordato dal Direttore Marcello Minenna in occasione della presentazione del Libro Blu 2019 – sono costantemente soggetti ad ispezioni e verifiche da parte dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ed ai controlli delle Forze dell’ordine riguardo al rispetto della corposa normativa che disciplina l’intero settore in punto di antiriciclaggio, tutela dei minori, divieto di pubblicità e promozione della propria attività per la prevenzione ed il contrasto della dipendenza da gioco (DGA).

Nell’attuale congiuntura di grave crisi economica connessa alla diffusione del Covid-19, alcune imprese del settore lamentano un ingiustificato trattamento discriminatorio in quanto si sono viste e si vedono respingere le richieste di accesso ai finanziamenti con garanzie agevolate previsti dai decreti varati dal Governo. Alcuni Istituti di Credito risultano addurre l’assenza di “profili di credito” per la concessione del finanziamento secondo i “parametri di valutazione della Banca”, senza alcuna specificazione relativa al “merito creditizio” ovvero ad altre motivazioni rinvenienti nei rispettivi “Codici Etici” e “Bilanci di sostenibilità”.

Tornano, allora, alla mente i recenti allarmi lanciati dal Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, Federico Cafiero De Raho, relativamente ai rischi di infiltrazione della criminalità organizzata nell’economia legale anche attraverso il sostegno economico alle imprese in difficoltà, a motivo dell’importanza delle misure contenute nel “Decreto Liquidità” e della loro piena accessibilità.

Occorre, poi, fare i conti con una realtà: i vincoli europei e la concentrazione decisionale in capo alla Banca Centrale Europea hanno portato alla rinuncia progressiva ai valori sottesi e tutelati dall’art. 47 della nostra Costituzione ai sensi del quale «La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio, favorisce l’accesso alla proprietà dell’abitazione, disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito». L’esercizio del credito ha visto nel tempo affievolire la sua connotazione pubblicistica in favore di una sorta di “privatizzazione”.

In ogni caso, e a prescindere da ciò, si ritiene che lo Stato non possa tollerare abusi e comportamenti non solo abnormi, ma contrari all’interesse collettivo. Interesse collettivo che deve tornare al centro della gestione del credito e del risparmio.

Accendere un faro sulla stratificata e complessa normativa che disciplina il gioco pubblico, con il fine ultimo di pervenire ad un suo riordino organico, rappresenta, a nostro avviso, il primo passo per inquadrare correttamente l’attività e implementare poi, ove ritenuto, le prescrizioni già esistenti a tutela degli interessi pubblici preminenti in gioco (ordine pubblico e salute pubblica).

Le principali società concessionarie del gioco pubblico redigono annualmente il “Bilancio di Sostenibilità” o il “Bilancio Sociale” nell’ambito del quale trovano già spazio, o devono trovare ulteriore spazio, iniziative concrete di tutela dei consumatori di gioco e di tutela della legalità della rete territoriale di raccolta, per renderla sempre più efficiente ed impermeabile ai tentativi di infiltrazione criminale. Che si tratti di Codici Etici o di Autodisciplina, di Bilanci Sociali o di Sostenibilità, la strada è quella della valorizzazione della responsabilità sociale di tutte le imprese coinvolte inclusi gli Istituti di credito, nella ricerca di un punto di incontro “eticamente sostenibile” affinché le imprese che operano in un settore così “sensibile” e controllato come quello del gioco pubblico non siano private delle risorse vitali per la propria sopravvivenza a vantaggio dell’illegalità.

L’Osservatorio Permanente su Giochi, Legalità e Patologie dell’Eurispes, in sinergia con gli altri Osservatori dell’Istituto e sulle direttrici tracciate dalle analisi e dai focus già attivi con riguardo all’accesso al credito e al merito creditizio, ha già avviato un percorso di studio e monitoraggio dei provvedimenti bancari che hanno negato ad alcune imprese di gioco l’accesso al credito (senza alcun riferimento al merito creditizio), anche in chiave statistica ed al fine di far emergere le reali motivazioni che sorreggono alcune politiche bancarie e le eventuali criticità alla luce dei princìpi di matrice costituzionale ed europea.

*Direttori dell’Osservatorio Permanente Giochi, Legalità e Patologie

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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