La finalità antropocentrica del legal design
I principali linguisti italiani evidenziano da anni che il linguaggio utilizzato dalle Istituzioni è distante anni luce da quello dei cittadini, che l’italiano burocratico è un esempio di “anti-lingua” e che il lessico giuridico è spesso incomprensibile alle stesse parti firmatarie del relativo documento.
Primo Levi, nel suo capolavoro I sommersi e i salvati del 1986, scriveva che «ciò che comunemente intendiamo per “comprendere” coincide con “semplificare”: senza una profonda semplificazione, il mondo intorno a noi sarebbe un groviglio infinito e indefinito, che sfinirebbe la nostra capacità di orientarci e di decidere le nostre azioni».
Parole che descrivono con esattezza la finalità del legal design: semplificare testi giuridici o prescrittivi, senza rinunciare al tecnicismo, ma rendendoli comprensibili ai destinatari dei testi stessi.
Si tratta di una disciplina che implica sinergia, o addirittura simbiosi, tra giuristi, graphic designer ed esperti della comunicazione, che collaborano insieme con il fine ultimo di rendere qualsiasi testo giuridico o prescrittivo fruibile per l’utente finale.
Quante volte, ad esempio, si sottoscrive un prodotto finanziario o un contratto assicurativo, senza aver letto fino in fondo la miriade di documenti che li accompagnano, magari basandosi esclusivamente sulla fiducia riposta nel consulente bancario o nel broker assicurativo? Quante volte si legge fino in fondo il foglietto illustrativo dei medicinali, nonostante siano riportate informazioni fondamentali per l’assunzione del farmaco e, dunque, per la nostra salute? Chi di noi, inoltre, ha letto integralmente e con attenzione l’ultimo documento sulla privacy che ha sottoscritto?
Ecco che il metodo utilizzato dal legal designer interviene con un approccio mentale che parte dalla fine: conoscere il destinatario del testo, per strutturare un documento “su misura”, che sia facilmente comprensibile, fruibile e, dunque, agevolmente applicabile nel rispetto dei crismi imposti dalla legge. È un fenomeno che nel nostro Paese, più di ogni altro, dovrebbe trovare terreno fertile, se solo si consideri la complessità giuridica che deriva dal fatto che in Italia, dal 1861 in poi, sono state emanate più di 200mila leggi, di cui 110mila attualmente in vigore, oltre a regolamenti, circolari ed altri provvedimenti di fonte secondaria (fonte: Poligrafico dello Stato).
Alla ricerca del punto di equilibrio tra parole e immagini
Il compito è tutt’altro che semplice. Bisogna cercare il connubio ideale tra parole, immagini, grafica e comunicazione per semplificare il linguaggio giuridico. Solo per fare alcuni esempi: le icone grafiche, se non sono universalmente riconosciute, rischiano di deviare e modificare un concetto espresso con le sole parole. Analogamente, un testo normativo se è troppo lungo, rischia di non essere letto per intero dall’utente, con il conseguente rischio di non comprendere fino in fondo il testo stesso. A tal proposito, l’illustre linguista Tullio De Mauro sostiene che per essere leggibili le frasi non dovrebbero superare le 25 parole.
Si tratta di individuare il punto di equilibrio ideale tra parole ed immagini, con la consapevolezza che in alcuni casi le parole sono di per sé chiare e sufficienti, in altri sarà più comprensibile un’immagine, in altri ancora una combinazione tra parole e grafica.
Le persone tendono a ricordare dopo tre giorni circa il 10% di ciò che hanno ascoltato, ma se si associa un’immagine al dato testuale la memorizzazione sale al 65%[1]. Ciò anche tenuto conto che il nostro cervello categorizza immagini 60.000 volte più velocemente rispetto ad un testo[2].
Ne consegue che per avere successo in questa disciplina e, quindi, lavorare al fianco di aziende e Istituzioni pubbliche per la semplificazione dei rapporti contrattuali e la riduzione della conflittualità e del contenzioso giudiziario, occorre necessariamente agire in team, essere professionisti esperti, ognuno nel proprio campo di appartenenza. Il lavoro del giurista non può essere completato senza il supporto del designer e l’opera di quest’ultimo non è sufficiente senza l’avallo del giurista. Il tutto con la supervisione costante dell’esperto in comunicazione, che dovrà valutare – prima, durante e dopo – che il prodotto realizzato sia ben comprensibile all’utente destinatario del documento. Il mondo delle professioni è in costante evoluzione e anche quella di avvocato deve adattarsi a tale processo di trasformazione, dove l’interdisciplinarietà non è più un optional, ma una strada tracciata dalle aziende e dalle richieste delle imprese e dei cittadini.
La normativa orientata al legal design
Sulla scia di tale processo di trasformazione sono state emanate alcune normative degne di nota. Tra le principali, si ricorda il Regolamento UE n. 2016/679 sulla protezione dei dati (GDPR), il quale all’art. 17, comma 7, prescrive di fornire al soggetto interessato al trattamento dei propri dati personali note informative in combinazione con icone standardizzate per dare, in modo facilmente visibile, intellegibile e chiaramente leggibile, un quadro d’insieme del trattamento previsto.
Sulla base di questo Regolamento il Garante della privacy ha promosso a marzo 2021 una gara aperta a sviluppatori, addetti ai lavori, esperti, avvocati, designer a cimentarsi nell’individuare e proporre un set di simboli (o icone) capaci di esemplificare gli elementi che, a norma degli articoli 13 e 14 del Regolamento, devono essere contenuti nell’informativa.
Legal desing e Sanità
In àmbito sanitario, la Direttiva 2011/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 6/11/2001, stabilisce agli artt. 62 e 63, che il foglietto illustrativo dei medicinali debba essere redatto in termini chiari e comprensibili dagli utenti, precisando che l’imballaggio esterno e il foglietto illustrativo possono riportare segni o pittogrammi miranti a rendere più esplicite le informazioni necessarie e utili, con esclusione di qualsiasi elemento di carattere promozionale.
Legal design e mondo delle assicurazioni
In materia assicurativa, il Regolamento IVASS del 2/08/2018 n. 41 sottolinea che la documentazione pre-contrattuale e contrattuale deve essere redatta in un linguaggio ed uno stile chiaro e sintetico, così da facilitare la comprensione delle informazioni in essa contenute, precisando che ciascuna sezione del documento informativo pre-contrattuale per i prodotti assicurativi vita, diversi dai prodotti d’investimento assicurativi (DIP Vita), è contraddistinta da un’icona, posta al suo inizio, che ne rappresenta visivamente il contenuto. Sebbene tutte le disposizioni sopra richiamate meritino certamente un plauso, in quanto finalizzate a rendere chiare e comprensibili le informazioni agli utenti, non si può dire altrettanto sui risultati ottenuti: il più delle volte le icone che affiancano il testo complicano la comprensione dell’informativa. Ciò a riprova di quanto sia complesso realizzare concretamente gli obiettivi che si prefigge il legal design e quanto ci sia ancora da fare in Italia e in Europa per affinare le migliori tecniche che tale disciplina prevede.
Gli studi all’avanguardia sul legal design
In Italia siamo ancora alle fasi embrionali di tale metodologia di lavoro, che invece è applicata da tempo e con successo nelle principali law firm americane, ove esiste uno dei principali centri di applicazione del legal design presso l’Università di Stanford. In Europa, la Finlandia è molto attiva in tale disciplina, anche grazie al più importante evento di settore, il Legal Design Summit, la cui prima edizione si è tenuta nel 2017.
Italia e legal design: un ritardo da colmare
Per l’Italia si auspica, da una parte, che il legislatore inizi a dare il buon esempio almeno in termini di chiarezza e semplificazione, altrimenti, come scrive l’illustre giurista Sabino Cassese in “Lo Stato, l’incuria e l’italiano oscuro delle leggi” (Corriere della Sera, 5/02/2022), se lo Stato comunica in maniera oscura, cosa può aspettarsi dai cittadini?
Dall’altra, si auspica che il mondo dell’avvocatura riesca a guardare avanti, facendosi portatore ed interprete delle nuove esigenze, impegnandosi a promuovere studi professionali che uniscano le competenze giuridiche a quelle grafiche e di comunicazione. Perseverare nell’uso di un immutabile “legalese”, ormai avulso dal contesto globale delle relazioni commerciali, contribuisce soltanto ad aggravare la già eccessiva burocratizzazione tipica italiana.
Dall’altra ancora, è auspicabile che le imprese pubbliche e private optino per modelli contrattuali e policy aziendali che tutelino l’esigenza di chiarezza e comprensione da parte dell’utenza, avvalendosi di studi interdisciplinari che utilizzino efficacemente il legal design. Un’ultima considerazione: il processo evolutivo che sta alla base del legal design è destinato a svilupparsi e rimanere nel tempo. Innovazione, tecnologia, professionalizzazione e multidisciplinarietà sono le componenti inscindibili.
Ora la sfida da cogliere è la concreta “messa in opera” di documenti giuridici e, più in generale, prescrittivi realizzati con la filosofia del legal design, per non dover ripetere e traslare sul piano tecnico le parole di Blaise Pascal con le quali apriva una delle sue Lettres Provinciales: «Mi scuso per la lunghezza della mia lettera, ma non ho avuto il tempo di scriverne una più breve».
[1] Cfr. Gianluca Tramontana, L’importanza della componente Visual nel contesto eLearning.
[2] Cfr. Neher, Visual Social Media Marketing: Harnessing Images, Instagram, Infographics, and Pinterest to Grow Your Business Online.