A più di mille giorni dal referendum sull’autonomia del Veneto e della Lombardia, il Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, guarda al futuro del federalismo. Sono molti i temi che vengono affrontati nella videointervista realizzata da Emilio Albertario per il magazine online dell’Eurispes: dal ruolo del Nord come “locomotiva” d’Italia alla annosa questione meridionale; dal dibattito sulla fiscalità di vantaggio e l’autonomia differenziata al Conte 2, senza tralasciare, ovviamente, l’attuale emergenza sanitaria e le misure da mettere in campo per resistere ad una seconda ondata di Covid-19. Come rimettere in asse il Paese?
Presidente Zaia sono trascorsi oltre mille giorni dal referendum sull’autonomia del Veneto e della Lombardia; ritiene possibile affrontare il post-pandemia con l’attuale assetto distributivo delle risorse a disposizione dell’economia nazionale? O ritiene che il federalismo dovrebbe accelerare?
Penso che sia assolutamente in linea con quello che sta accadendo, anzi direi che è fondamentale: abbiamo sperimentato che, a proposito delle circostanze riconducibili al Covid, dare autonomia, dare competenze ai territori ha l’effetto di ridurre le catene decisionali, con il risultato di assicurare più efficienza e dare anche più risposte ai cittadini.
Il dibattito sull’autonomia differenziata ripropone il confronto Nord-Sud e le polemiche sulla questione meridionale. Finora abbiamo visto un Paese fortemente squilibrato: come rimetterlo in asse? Sarebbero sufficienti pochi mesi di fiscalità di vantaggio?
Sono convinto che il Paese si rimette in asse con il senso di responsabilità; l’autonomia non è una sottrazione di potere, ma è un’assunzione di responsabilità. Questa assunzione di responsabilità significa anche avere necessariamente i conti a posto. Da un lato, garantire i livelli essenziali delle prestazioni – perché è giusto che tutti i cittadini da Nord a Sud abbiano la stessa qualità delle prestazioni – ma dall’altro garantire anche quelle che possiamo definire “virtuosità”.
Non è più pensabile che il Sud arretri e viva situazioni discriminanti, ma certamente il Nord appesantito dalla pressione fiscale rischia di vedere messo in discussione il suo ruolo di “locomotiva” dell’economia nazionale. Riuscirà il “partito dei governatori” – come è stato definito – a trovare una sintesi?
Penso che se ci fossilizziamo sulla battaglia Nord contro Sud o Sud contro Nord non ne veniamo più fuori. Bisogna premiare le virtuosità, uscire da questo retaggio culturale nel quale si pensa, fra l’altro a volte in maniera molto sbagliata, che ci siano delle comunità che hanno avuto di meno rispetto ad altre – anche se gli sprechi ci sono – e bisogna fare in modo che quello che è il consenso, la condivisione delle strategie fra governatori conduca anche all’obiettivo di assicurare una perequazione a livello nazionale.
Gestire la sanità a livello regionale richiede capacità di decisione e coraggio. Tra Governo e Regioni spesso non c’è stato accordo; però, per esempio, sui tamponi a scuola Lei propone una vera rivoluzione organizzativa, crede che passerà?
Passerà sì, anche perché i suggerimenti che propongo alla fine si sono sempre dimostrati in linea con i tempi. Se il mondo intero assume la decisione di usare il tampone rapido, è ovvio che anche l’Italia si dovrà adeguare. Questo adeguamento lo abbiamo avuto grazie alla sperimentazione fatta da noi per primi, prima dei tamponi coreani e poi anche grazie alla richiesta scritta, che abbiamo indirizzato al Governo, di applicare il tampone rapido. All’inizio, si è fatto per i soli turisti che rientravano dalle località turistiche, oggi è un elemento di screening diffuso.
Cosa pensa del dibattito sui fondi del Mes dentro e fuori il Governo. Lei li prenderebbe quei soldi destinati esclusivamente alla sanità? Saranno ad un tasso conveniente?
In questo senso, non sono molto informato, so che bisogna chiedere al Governo se li vuole o non li vuole, essendo, questa, una decisione che spetta al Governo, non a me come governatore o ai colleghi governatori. Se poi si chiede ad un governatore, nella fattispecie me, “se il Governo ti desse i soldi, quota parte del Mes che porta a casa, tu li ricevi?”, la risposta è: “io non ho mai mandato indietro soldi, anzi Roma ce ne deve già tanti, figuratevi se li mando indietro”.
Il Veneto è terra di grande agricoltura, Lei è stato anche Ministro dell’Agricoltura. Di che cosa ha bisogno questo settore vitale per l’economia nazionale, bastano le braccia?
Penso che l’agricoltura sia una delle espressioni più elevate di quello che è il Made in Italy, di quella che è la promozione, l’identità dell’Italia nel mondo. Dall’altro lato, noi paghiamo uno scotto pauroso, perché l’Italian sounding, cioè il prodotto dell’agroalimentare che viene venduto come italiano (e non lo è), vale circa 100 miliardi di euro sul mercato internazionale. Quindi, agricoltura è difesa dei nostri prodotti, difesa dell’identità; inoltre, dobbiamo renderci conto fino in fondo che dietro ogni agricoltore c’è sicurezza alimentare, c’è identità, c’è storia dei territori e sicuramente c’è promozione dei territori.
La tutela dell’ambiente sta a cuore a tutti, governanti e governati. Le aziende del Veneto saranno in grado di intercettare, secondo Lei, le opportunità dell’economia circolare, del riciclo degli scarti, delle nuove tecnologie in grado di fronteggiare i cambiamenti climatici?
Assolutamente, sono convinto che noi siamo geneticamente predisposti all’aspetto della tutela dell’ambiente. C’è sensibilità e c’è cultura per l’ambiente, non è un fattore legato a pochi eletti, ma è una circostanza molto diffusa; non è un caso che il Veneto sia la prima realtà a livello europeo per la raccolta differenziata, fatta in tempi non sospetti. Questo la dice lunga anche sulla percezione che abbiamo dell’ambiente.
Il Presidente Conte ha annunciato, spiazzando anche gli alleati, di voler modificare il Reddito di Cittadinanza e di non voler rifinanziare Quota 100. Recentemente, ha proposto modifiche al “Decreto sicurezza”. In sostanza, il Conte 2 vuol cancellare il Conte 1?
Questo è un fatto di coerenza, al di là dei temi (la partita della Quota 100 e del Decreto sicurezza), è un fatto di coerenza. Non è possibile che nel giro di pochi mesi si vada a rivedere tutto quello che si è deciso. Ma, del resto, siamo abituati a questo; finirà prima o poi.