Tra le questioni del nostro tempo diventate rapidamente di interesse planetario c’è oggi il tema, segnato da paure e più o meno entusiastiche aspettative, dell’intelligenza artificiale. Nel confronto tra chi si dichiara convintamente favorevole al suo più largo utilizzo e chi ne teme, invece, anche la più “innocua” applicazione spunta non di rado l’atteggiamento – anche questo sintesi di angosce e poco titubanti entusiasmi – di chi vorrebbe moderarne, e tuttavia consentirne, l’uso per scongiurare la trasformazione dell’uomo in qualcosa che, si sente dire, di umano avrebbe sempre meno. Di IA si parla molto e sempre più, e anche chi non può dirsi esperto riconosce facilmente che la questione abbonda di aspetti controversi. Uno di questi – oggetto delle brevi riflessioni che seguiranno – è il nesso che sembra legare il mondo dell’IA al progetto transumanista o postumano oggi non più liquidabile come una suggestiva prospettiva avveniristica. Ne siamo convinti, perché la cultura e il pensiero postumani non possono essere più considerati fenomeni trascurabili o “mode” dettate dalla fisiologicità del progresso tecnologico. Il fatto che si sia iniziato a parlarne in un dato modo e con un certo ritardo potrebbe aver risposto al proposito di contenerne la diffusione per disinnescare l’urgenza delle questioni che vengono poste. Un’urgenza che sa sempre più di improcrastinabilità.
Intelligenza artificiale e progetto postumano
Il tema dell’IA è parte del progetto postumano, ma non è detto che ne costituisca l’estrema e ultima finalizzazione. Dovrebbe, semmai, essere funzionale all’esito del progetto e alla capacità di governarne gli effetti. Detto con altre parole, l’intelligenza artificiale, raffinato artificio dell’ingegno umano, sarà lo strumento con il quale, secondo il progetto postumano, si compirà la perfetta emancipazione dell’uomo dal suo stato di naturale vulnerabilità: dolore, malattia, morte. Con il progetto postumano, si metterebbe mano a un ripensamento del senso e delle prospettive dell’evoluzione dell’uomo, «a partire dall’intricato reticolo di un essere bio-tecnologico, in cui le distinzioni ontologiche tra naturale e artificiale tendono ormai a confondersi».[1] Una confusione che secondo i critici del postumano culminerebbe nell’annullamento di qualsiasi differenza tra il corpo e la macchina in cui il primo andrebbe progressivamente a identificarsi. Se mai sarà così (Francis Fukuyama è, ad esempio, tra quanti se ne dicono convinti e preoccupati), se mai davvero si giungerà a un esito così drastico non è dato saperlo. La principale riserva potrebbe però riguardare la capacità di intervenire sui processi in corso, perché quello che tanta filosofia, da Heidegger a Galimberti e Anders, ci ha insegnato è che scienza e tecnica seguono traiettorie solo apparentemente parallele.[2] Questa “suggestione” filosofica è diventata un sentire piuttosto comune, come ha in recenti occasioni dimostrato lo scetticismo con il quale anche l’uomo della strada valuta le posizioni della comunità scientifica. Può essere che sotto la genericità di certi sospetti e di determinate critiche covi l’accusa, rivolta a scienziati e politici, di non sapere più controllare e contrastare il dominio della tecnica? Chiaro è che la domanda, non solo perché così posta, ha in sé qualcosa di prevedibilmente retorico.
Una futura umanità tecnologicamente modificata
Alle perplessità dell’uomo comune fanno eco le certezze dei postumanisti. Tra questi, Nick Bostrom, il teorico della Super Intelligenza, secondo il quale chi ostacola il progetto postumano o vede in esso un attacco alla dignità dell’uomo agirebbe come un bioconservatore. Poco male, verrebbe da dire, visto che sotto la stessa etichetta il bioconservatore di turno si troverebbe in compagnia di Rifkin e Fukuyama e di chi, per farla breve, non crede che la macchina possa o debba diventare una tappa evolutiva dell’avventura umana sul pianeta. Eppure, nel prendere le difese del postumano, Bostrom sostiene di promuovere «un’etica più inclusiva e umana, che consente di abbracciare sia una futura umanità tecnologicamente modificata che gli esseri umani del tipo a noi contemporaneo».[3]
Un futuro sempre più tech e cyborg
Una transizione accelerata verso la comparsa di una “futura umanità tecnologicamente modificata” potrebbe trovare una risorsa formidabile nel ricorso sempre più frequente e diversificato all’Intelligenza Artificiale. Se, come afferma Tiziano Tosolini, «La soluzione transumanista e postumana è quella di liberare la volontà dalle costrizioni imposteci dalla nostra finitudine mediante la creazione di nuovi supporti prostetici»,[4] tra questi, e tra i più ingegnosi, bisognerà includere anche l’Intelligenza Artificiale, macchina pensante, sviluppo sintetico e tecnologicizzato della res cogitans di cartesiana memoria, mente sempre più simile a un dispositivo elettronico, come certe correnti della psicologia contemporanea ci hanno abituato a concepirla. Perché possano coincidere, una delle due forme di intelligenza (l’umana o l’artificiale) dovrebbe annullare l’altra. Lo fa pensare uno dei più radicali sostenitori del postumano, Hans Moravec, che auspica un futuro in cui l’intelligenza umana verrà trasfusa in un macchinario adatto a contenerla, preservarla e renderla immortale, Trasferire la mente dal corpo in cui ha sempre vissuto in una confortevole suppellettile tecnologica fa pensare a certe scene da cartone animato – Futurama, ad esempio – in cui i cervelli di uomini famosi (attori di Hollywood o presidenti) venivano conservati, con le loro teste, in una salamoia pneumatica dentro una sfera di vetro. È solo una boutade, una profezia da futurologo che lavora troppo di fantasia? In realtà, un progetto di questo tipo esiste. «Il progetto di cui Moravec parla è denominato mind uploading, cioè “trasferimento della mente” che, rimossa dal cervello, è trasferita in una macchina. Moravec ritiene che gli individui uploaded, trasformandosi in informazione pura, che ha nel computer la sua sede privilegiata, si predispongano a nuove forme di esistenza».[5]
Intelligenza Artificiale, sospesi tra la narrazione del virtuale e la simulazione del reale
Dell’uomo, del suo essere mente e corpo, materia e spirito, rimarrebbe così poco più di un concentrato di dati, un distillato di quella che una volta era considerata la sua intelligenza e, per molti, la sua vera identità. Inscatolata in un hard disk, non avrà più da temere le prestazioni di cui è capace un’Intelligenza Artificiale. Il discutibile “vantaggio” potrebbe essere quello di pensare l’uomo attraverso la macchina e di far sì che il più grande artificio umano di tutti i tempi possa dirci, ormai sospesi tra la narrazione del virtuale e la simulazione del reale, che cosa siamo realmente diventati.
[1] Massimo Riva, Dignità ed enigmi del post-umano, “Annali d’Italianistica”, vol. 26, 2008, p. 333.
[2] «Quanto più cresce la potenza operativa resa possibile dalle nuove tecnologie, tanto più aumenta il gap tra la loro messa in opera e la difficoltà di immaginarne le conseguenze, che in alcuni casi possono essere irreversibili. Non si tratta di accettare o rifiutare la tecnica, dal momento che è parte del nostro mondo e della nostra stessa natura; essa va però monitorata con attenzione, per valutare in modo critico la portata di tali innovazioni, contrastando il crescente scollamento tra scienza e tecnica, intendendo la prima come modalità conoscitiva e la seconda come mera operatività» (Giovanni Cucci, Postumano e transumano. L’antropologia del futuro?, “La Civiltà Cattolica”, 16 luglio/6 agosto 2022, p. 145).
[3] Cfr. http://nickbostrom.com/ethics/dignity.html
[4] Tiziano Tosolini, L’uomo oltre l’uomo. Per una critica teologica a Transumanesimo e Post-umano, EDB, Bologna 2015, p. 115.
[5] Franca Pinto Minerva, Intelligenza artificiale e post-umano. Pedagogia e utopia, “Rivista di Scienze dell’educazione”, anno LIX, n. 1, gennaio-aprile 2021, p. 59.