Quando si parla della necessità e dell’urgenza di riqualificare i percorsi del nostro sistema di istruzione e di formazione, bisogna riflettere su alcuni dati che da soli lasciano intuire il ritardo con il quale affrontiamo il problema. Nelle pagine del Rapporto Italia 1999 segnalavamo che in Italia veniva destinato all’istruzione solo il 5,5% del Pil e alla ricerca appena lo 0,7%. E mettevamo in dubbio che un Paese avanzato come il nostro potesse progredire investendo così poche risorse in questo àmbito fondamentale.
Dobbiamo purtroppo rilevare che, in più di vent’anni, non sono stati fatti grandi passi in avanti in questo senso, anzi, oggi l’Italia spende ancora meno per l’istruzione: il 4% circa del Pil. E l’investimento in ricerca arriva a sfiorare lo 0,5%.
Oggi l’Italia spende il 4% circa del Pil per l’istruzione
Il nuovo Osservatorio dell’Eurispes ha l’obiettivo primario di porre il tema dell’educazione al centro del dibattito pubblico e culturale del nostro Paese. L’incontro tra gli studiosi e gli esperti che animeranno l’Osservatorio sarà l’occasione per presentare alla comunità uno strumento di analisi e di ricerca che possa assistere le realtà pubbliche e sensibilizzare la pubblica opinione anche sugli interventi strutturali che il PNRR prevede nel centrale settore dell’istruzione, assoluta priorità per l’Italia.
Bisogna colmare il ritardo sulla alfabetizzazione informatica
Il nostro sistema formativo in generale non è allineato a quello dei paesi forti del G20. Soffriamo un grave ritardo sulla alfabetizzazione informatica, non conosciamo le lingue straniere, continua a persistere un gap tra ragazzi e ragazze: queste ultime sono capaci di migliori performace dal punto di vista dei risultati scolastici ma poi, quando entrano nel mondo del lavoro, guadagnano meno dei loro colleghi. E a questo proposito, il divario tra il tasso di occupazione femminile e quello maschile in Italia continua ad essere tra i più alti in Europa. Tutto questo nuoce molto ai nostri giovani e quindi alle prospettive future del Paese.
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Dal punto di vista dell’educazione alle tecnologie, per primi in Italia come Eurispes abbiamo accolto e diffuso l’idea della necessità della Media Literacy come strumento di conoscenza e formazione ma anche come stimolo alla partecipazione attiva e consapevole dei cittadini alla vita pubblica. Per un individuo, possedere un’alfabetizzazione mediale significa acquisire la capacità di accedere al mondo dei media, cioè di saper comprendere e valutare criticamente le strategie, i meccanismi di funzionamento ed i contenuti dei messaggi, nonché di diventare, egli stesso, un protagonista della comunicazione attiva.
Con tali capacità, un individuo si pone nelle migliori condizioni per cogliere le tante opportunità offerte dalla società dei media. Al contrario, senza di esse, è destinato a subire un grave pregiudizio a danno del proprio percorso formativo, culturale, lavorativo e professionale.
Istruzione, continua a persistere un gap tra ragazzi e ragazze
Vi è poi la questione del rapporto tra processo educativo e mondo della formazione professionale. Gli scenari realistici dell’occupazione descrivono un mercato del lavoro assai mutato rispetto al passato: sono richieste nuove figure professionali, nuove competenze tecnico-pratiche, una diversa visione dello stesso reticolo occupazionale. È evidente, al tempo stesso, che le tradizionali agenzie pedagogico-formative, la Scuola e Università prima di tutte, stentano a reggere il confronto con le mutate esigenze del mondo del lavoro reale, calato in un sistema sempre più virtuale poiché legato a doppio filo con le innovazioni tecnologiche e della comunicazione.
Se ciò è vero, appare chiaro che nuove impostazioni didattiche dovranno sempre più essere affiancate – nel conseguimento dell’obiettivo comune – all’azione formativa svolta dai tradizionali centri di erogazione del sapere. C’è necessità di formare nuovi specialisti di lavori del quaternario avanzato. C’è necessità di formare i formatori.
C’è necessità di formare i formatori
La scuola e l’Università sembrano aver recepito l’urgenza di modellare nuovi percorsi curriculari: molto però resta ancora da fare. Anche il mondo del privato deve fare la propria parte con maggiore convinzione; e maggiore convinzione significa anche destinare più energie e risorse all’aggiornamento e alla formazione. Sono infatti le leggi della competizione e del successo dell’impresa – unitamente alle sfide imposte dalla globalizzazione del mercato – ad esigere drastiche correzioni di rotta che impongono alle agenzie didattiche l’uso di modelli educativi al passo con i tempi.
Nei prossimi anni, il mercato del lavoro si indirizzerà sempre di più verso la sostenibilità ambientale e sociale, l’efficientamento energetico, l’ecosostenibilità, il digitale. Più del 50% dell’offerta di lavoro riguarderà questi settori e queste professioni. Si tratta di una tendenza che non è legata solo alle opportunità offerte dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ma anche, e soprattutto, a quei comparti produttivi che hanno l’esigenza di ammodernare e rendere ancora più competitive, nel più breve tempo possibile, le proprie strutture e i propri asset.
“Fornire un’istruzione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti”
A ciò si aggiunga che tra i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile individuati nell’Agenda 2030, il quarto è dedicato proprio alle politiche educative con l’ambizioso obiettivo di “fornire un’istruzione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti”. Le scuole e gli atenei ma anche le realtà pubbliche e private devono tenere conto della nuova frontiera dell’occupazione, avviando progetti di collaborazione e di formazione in grado di garantire nuovi livelli di occupazione nei territori e, di conseguenza, progresso per l’intero Sistema-Paese.
Le sfide del futuro: la transizione ecologica e una nuova digitalizzazione
Tutto ciò tenendo sempre presente quali sono le sfide del futuro: la transizione ecologica e una nuova digitalizzazione. Si tratta di una vera e propria rivoluzione del mondo del lavoro che si sviluppa velocemente accanto ai mestieri e alle professioni tradizionali che, comunque, subiscono e continueranno a subire modifiche e trasformazioni. Insomma: sapere, ma anche saper fare. Non è più possibile immaginare l’educazione, l’istruzione e la formazione in termini disgiunti rispetto ad un mondo del lavoro che è già cambiato.
*Gian Maria Fara, Presidente dell’Eurispes.