Come tutte le isole, anche la Sardegna è terra battuta dai venti. Oltre all’insularità, altre sue condizioni naturali si presterebbero all’idea di farne il luogo ideale per ospitare nuovi parchi eolici che andrebbero a sommarsi a quelli, non esigui di numero, già presenti sul suo suolo. Negli ultimi mesi sono state presentate alla Regione da parte di soggetti diversi centinaia di domande per l’installazione di nuove torri. Se venissero tutte accolte, l’isola si trasformerebbe in una piattaforma di totem metallici che ne puntellerebbero l’intero territorio. Non verrebbe risparmiato nemmeno il mare sul quale si affacciano le sue coste. Dopo aver già preso forma al largo del litorale pugliese, l’eolico offshore, con le sue torri galleggianti, potrebbe diventare realtà anche per la Sardegna.
Perché la Sardegna?
La domanda potrebbe avere una risposta scontata e chiamare in causa le condizioni di un’isola dove il rischio geologico sarebbe minimo e, comunque, molto più basso rispetto a quello riscontrabile in altre aree del Paese. Altra condizione sarebbe poi la stessa insularità e la distanza della Sardegna, eccezione fatta per la Corsica, da altre terre. E poi gioca sempre a favore di un piano di questo tipo il principio della rinnovabilità che, quando si parla di fonti energetiche, fa rima, e non solo, con sostenibilità, parola d’ordine e prerequisito essenziale di qualsivoglia progetto che miri ad avere una concreta realizzazione. Tutti elementi, quelli citati, che farebbero della Sardegna la candidata ideale per incrementare il numero dei parchi eolici e la produzione di energia verde. Oggetto di valutazione è anche la ricaduta positiva che la creazione di nuovi parchi eolici avrebbe sul quadro occupazionale generale. Secondo i dati di Anev sul potenziale occupazionale relativo alla diffusione dell’eolico in Italia, la Sardegna diventerebbe e sarebbe, con Campania e Sicilia, la regione con il più alto numero di occupati. Nel 2030 il numero degli operatori impiegati in questo specifico settore della produzione energetica ammonterebbe a 6.765 unità. Il dato, si legge nel Rapporto di Anev, «è divisibile in un terzo di occupati diretti e due terzi di occupati dell’indotto».
Eolico: il fronte dei no
Se chiare appaiono le ragioni che potrebbero giustificare l’aumento massiccio di pale eoliche nell’isola, non meno evidenti sembrano a tanti sardi i motivi per dirsi contrari. Esiste nell’isola un’opinione pubblica orientata negativamente verso il progetto dell’eolico, e questa ha trovato spesso anche il sostegno degli amministratori locali. Il fronte dei no fa leva su diversi motivi: l’inaccettabilità di decisioni prese dall’alto e non condivise con amministratori e popolazione; le conseguenze negative per la tipica ruralità del luogo; i rischi per la tutela del paesaggio (si pensi solo alle difficoltà di smaltire un giorno le centrali eoliche diventate obsolete) e per le biodiversità. Sembra che solo per il territorio comunale di Isili, Comune di 2.500 abitanti del Sarcidano, siano state presentate proposte per cento pale eoliche. Se l’atteggiamento più diffuso è quello di chi guarda con preoccupazione a quanto potrebbe presto accadere, c’è chi, dall’altra parte, ritiene di poter in qualche modo guidare il processo e trarre da questo dei benefici. È il caso del sindaco di Paulilatino, centro dell’Oristanese, che si è detto possibilista, se non del tutto favorevole, all’installazione di nuove pale eoliche nel territorio del proprio Comune, purché chi vi risiede riceva in cambio una sorta di compenso-indennità equivalente al consumo energetico gratuito per trent’anni.
Il mito dell’insufficienza energetica e l’eolico
Tra pochi mesi i sardi saranno chiamati alle urne per eleggere la nuova giunta regionale. I nodi al pettine del dibattito politico sono tanti: sanità, dimensionamento scolastico, continuità territoriale, spopolamento delle aree interne e prospettive di sviluppo. Chi vorrà guidare la Regione per i prossimi cinque anni dovrà chiarire che cosa intende fare. Farà altrettanto in merito alla questione delle rinnovabili? La posta in palio è notevole, perché è in gioco il futuro dell’isola, trattandosi di “2.330 nuovi grattacieli d’acciaio, alti oltre 200 metri”. Sul tema sembra esserci meno attenzione rispetto ai mesi scorsi. È legittimo, quindi, il sospetto che lo si ritenga troppo insidioso in un momento delicato come quello che precede di pochi mesi le amministrative. Se mai ritenessero di dover prendere la parola su un tema così scivoloso, i candidati alla guida della Regione potrebbero dire se davvero, a loro avviso, la Sardegna abbia la necessità di produrre nuova energia e spiegare perché. Con pochi insediamenti industriali sopravvissuti alla crisi degli ultimi decenni, il fabbisogno energetico non è paragonabile a quello di altre regioni del Paese. Quello eventualmente prodotto con i nuovi impianti sarebbe un surplus di capitale energetico che prenderebbe direzioni diverse. Tutto sommato, potrebbe non essere un male, perché l’energia costa e vale. Si potrebbe garantire all’isola, a chi ci lavora e a chi ci vive, una serie di vantaggi da non sottovalutare. La ricetta appare semplice: coprire a bassi costi il fabbisogno energetico dei sardi e vendere l’energia prodotta in eccedenza. Semplice solo in apparenza però, perché sino ad ora non è mai stato così.