Le politiche europee volte a conferire un nuovo assetto al mercato dell’energia assegnano al cliente un ruolo inedito, spingendolo ad una partecipazione più attiva se non all’autoconsumo. E così il primo intervento regolatore, a valle del recepimento delle direttive RED II (Ue n. 2018/2001 Renewable Energy Directive II) e IEM (Ue n. 2019/944 Directive on common rules for the Internal Market for Electricity), è stato quello di ARERA che, il 27.12.2022, ha adottato il Testo Integrato sull’Autoconsumo Diffuso (TIAD). La finalità è quella di semplificare e razionalizzare le regole per l’accesso al servizio di autoconsumo (principalmente volto a ridurre la spesa energetica), dichiarandone ‒ tra l’altro ‒ l’incompatibilità con il regime di scambio sul posto. Le disposizioni ARERA guardano anche al decreto governativo di incentivazione, posto in consultazione pubblica dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) sino a metà dicembre 2022 ed inviato all’Unione europea a fine febbraio 2023, per la verifica degli incentivi previsti. Per offrire un quadro omogeneo ed unitario, il TIAD entrerà in vigore in concomitanza con il predetto decreto MASE.
Autoconsumo individuale, autoconsumo collettivo e comunità energetiche
Il TIAD ha rappresentato l’occasione per fornire definizioni univoche per le varie configurazioni di autoconsumo diffuso. Il testo integrato racchiude, infatti, in un unico documento le ipotesi di autoconsumo introdotte dai D. Lgs. n. 199 e 210 del 2021, attuativi delle citate direttive Ue. In uno sforzo di semplificazione, si delineano tre macrocategorie: gli autoconsumatori individuali a distanza, gli autoconsumatori collettivi e le comunità energetiche. Per queste ultime ed in particolare per quelle rinnovabili (CER), a ben vedere, la parola “autoconsumo” non è presente in nessuna delle definizioni che le riguardano. Ciò a conferma dell’idea che il legislatore, europeo in primis, pensa ad esse come a soggetti che hanno un respiro più ampio. Le CER devono infatti avere come obiettivo principale «quello di fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità»; tra le condizioni operative vi è, chiaramente, l’utilizzo dell’energia prodotta per l’autoconsumo ma è solo una parte del tutto. Le finalità vanno oltre l’autoconsumo energetico elettrico e difatti le CER possono «produrre altre forme di energia da fonti rinnovabili» ma anche promuovere interventi di domotica e di efficienza energetica, nonché offrire altri servizi cosiddetti “ancillari”.
I perimetri geografici
Al di là delle finalità differenti, per quanto concerne il servizio di autoconsumo, il principale elemento di discrimine tra le due forme collettive (gruppi di autoconsumatori e comunità energetiche) attiene alla collocazione dei punti di connessione: essi devono essere nel medesimo edificio o condominio nel primo caso ed invece nella medesima zona di mercato nel secondo. Considerando che in Italia, in base ai criteri fissati dal regolamento Ue CACM (Capacity allocation and congestion management n. 2015/1222), sono state individuate 7 zone di mercato, è evidente come si possa trattare di aree ampie. Viene, quindi, in rilievo l’altro dato delineato dal TIAD ossia i due perimetri geografici, quello della zona di mercato e dell’area sottesa alla medesima cabina primaria, rilevanti ‒ rispettivamente ‒ ai fini dell’energia elettrica condivisa e di quella prodotta ed autoconsumata (e per questo anche incentivata). Il riferimento alla zona di mercato, di fatto, accresce la dimensione operativa delle comunità energetiche, circostanza che assume particolare significato soprattutto per le CER. Se infatti il D.Lgs. n. 199/2021 si limita ad affermare, a proposito dell’utilizzo (da parte di una CER) della rete di distribuzione per condividere l’energia prodotta, che «l’energia può essere condivisa nell’ambito della stessa zona di mercato» (lett. c) c. 2 art. 31), il TIAD sembra aggiungere qualcosa in più. Esso richiede, per l’accesso al servizio per l’autoconsumo diffuso, che i soggetti facenti parte di una comunità energetica rinnovabile siano «clienti finali e/o produttori con punti di connessione ubicati nella stessa zona di mercato» (lett. a) art. 3.4 TIAD). Parrebbe, quindi, possibile creare un unico soggetto giuridico CER per una medesima zona (di mercato) a valere su più cabine primarie. Ciò potrebbe significare vantaggi in termini di semplificazione, gestione e governance della comunità stessa.
L’elemento della prossimità, fissato dalla normativa europea, viene dunque declinato in maniera differente, rimanendo più stringente (connessione alla medesima cabina primaria) solo ai fini dell’accesso agli incentivi (v. ultima parte lett. c) c. 2 art. 31 D.Lgs. n. 199/2021). Il superamento del requisito della connessione alla stessa cabina secondaria, previsto dalla cosiddetta “disciplina transitoria” (art. 42bis Milleproroghe 2019), apre alla possibilità di realizzare impianti di taglia maggiore in grado di soddisfare le esigenze di una comunità e non solo di alcune famiglie (come è per gli autoconsumatori condominiali e come rivela il dato attuale secondo cui 40 su 54 impianti hanno potenza inferiore a 20kw, ‒ Rapporto trimestrale del GSE, Energia e clima in Italia, novembre 2022).
La definizione del perimetro delle comunità energetiche è in capo agli Stati Membri
La definizione del perimetro delle comunità energetiche rinnovabili è, del resto, un profilo lasciato aperto dalla Direttiva RED II che ha posto in capo agli Stati membri il compito di definire la “vicinanza” richiamata nelle definizioni ove la CER è «un soggetto giuridico controllato da azionisti o membri che sono situati nelle vicinanze degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili che appartengono e sono sviluppati dal soggetto in questione» (lett. a) n. 16 art. 2 direttiva RED II). Allo stato attuale, solo il Belgio ha offerto una definizione che tenta di coniugare gli intenti sottesi alla Direttiva; questo paese ha infatti unito requisito tecnico, geografico ed economico richiedendo che i punti di prelievo ed immissione si trovino a valle di una o più cabine di trasformazione MT/BT (cabine secondarie) e siano all’interno di un’area geografica e una porzione di rete tecnicamente, socialmente, ambientalmente ed economicamente ottimale al fine di promuovere l’autoconsumo collettivo locale. Quanto agli altri Stati, il Portogallo rimanda ad una valutazione caso per caso, la Francia rinvia genericamente alla condizione di “prossimità” con l’impianto mentre Grecia e Germania cercano di ancorare geograficamente il dato richiedendo, nel primo caso, che almeno il 50%+1 dei membri siano situati nel posto in cui la comunità ha la sua sede principale, nel secondo (limitato all’energia eolica) che almeno il 51% delle persone fisiche aventi diritto di voto siano residenti nel distretto rurale o urbano in cui è collocato il progetto di produzione di energia eolica.
Autoconsumo, nel nostro ordinamento prevale il dato del miglioramento economico, sociale, ambientale
L’introduzione, nel nostro ordinamento, del parametro della “zona di mercato” pare collocare in giusto rilievo il dato economico, sociale ed ambientale al cui miglioramento devono tendere le comunità energetiche rinnovabili, oltre a favorire una gestione agile ed efficace di esse. Un àmbito troppo ristretto pone in difficoltà il reale perseguimento di queste finalità. Peraltro, la linea di tendenza sembra essere proprio quella volta all’ampliamento su diversi fronti, se è vero che l’Unione europea mira a consentire l’autoconsumo per impianti con potenza ben superiore a quanto sinora previsto dal nostro legislatore. Nella bozza di Regolamento per la riforma del mercato elettrico, attualmente in lavorazione, l’autoconsumo fra clienti privati pare essere consentito sino a 100MW, ben oltre l’1MW previsto dal D.Lgs. n. 199/2021.