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Non studiano e non lavorano, dramma “Neet”. Italia maglia nera

di
Alfonso Lo Sardo

Italia maglia nera per il numero di Neet, con il suo 24,3% di giovani che non studia e non lavora: parliamo di circa 2,2 milioni di persone.
Giovani con una età compresa tra i 15 ed i 24 anni che non hanno alcuna voglia di lavorare o di studiare né tanto meno di intraprendere attività formative. C’è un acronimo, Neet (Not in employment, education or training, nato per la prima volta nel Regno Unito alla fine degli anni Ottanta), che li indica in modo asettico; eppure si tratta di un fenomeno in ascesa e che vede l’Italia ai primi posti in Europa. Secondo i dati Istat, i giovani disoccupati e che si trovano al di fuori di ogni ciclo di istruzione e formazione sono il 17% al Nord e il 34,2% al Sud, al Centro sono il 20,4%. Anche in questo caso la distanza tra il Sud e il resto del Paese è aumentata negli ultimi anni. L’indagine rivela che il gruppo di territori meno svantaggiati si concentra tra il Nord-Ovest del Paese e il Nord-Est, con l’inclusione anche di alcune province “virtuose” dell’Italia centrale come Bologna (11,8%), Pisa, Siena, Ancona. Tra le città, Roma ha un record negativo (21,8%) insieme a Torino (21,3%). Il trend negativo aumenta nelle regioni del Mezzogiorno, includendo parte della Campania e della Puglia, e interessando in modo capillare la Calabria e la Sicilia e la costa occidentale della Sardegna. Tra le città metropolitane del Sud, percentuali preoccupanti a Palermo (41,5%) e Catania (40,1%), Messina (38,5%), Napoli (37,7%) e Reggio Calabria (36,8%).
Dopo l’Italia, nella graduatori al negativo, arrivano Cipro (22,7%), Grecia (21,4%), Croazia (20,2%) e Romania (19,3%). Mentre il paese più virtuoso, con la percentuale più bassa di Neet, a livello europeo, si registra nei Paesi Bassi (5,3%), in Slovenia (8%) e in Austria (8,1%).

La crescita di questo fenomeno è stata altresì rilevata a livello europeo dallo Youth Forum e da Eurofond. Secondo le analisi effettuate, sarebbe un effetto della crisi economico-finanziaria. I giovani sono infatti i più vulnerabili nei periodi di recessione e questo perché in un mercato del lavoro, già di per sé molto competitivo, devono competere con persone che hanno molta più esperienza. A ciò va aggiunto anche che sono poche le imprese davvero interessate ad assumere e a formare, al contempo, i giovani e ad accompagnarli nel loro percorso di crescita professionale. È stato rilevato che tra i ragazzi con una età tra i 15 e i 24 anni, quelli maggiormente a rischio Neet sono i soggetti che presentano delle disabilità, quelli con un background di immigrazione, i giovani con un basso tasso di istruzione o con un reddito familiare basso, con genitori disoccupati e con un basso livello di istruzione.

Fenomeni collegati a quello nei Neet riguardano problematiche sociali quali l’isolamento e l’emarginazione sociale, problemi di salute fisica e mentale, la possibilità di sconfinare nella criminalità e nella devianza sociale. L’Unione europea, nella consapevolezza del costo sociale di questo fenomeno in ascesa, ha predisposto un serie di iniziative volte a aumentare l’occupabilità giovanile (programmi Europa 2020 e Youth on the Move) e a promuovere una maggiore partecipazione all’occupazione da parte dei giovani, sia contrastando l’abbandono scolastico sia incrementando i corsi di istruzione e formazione professionale. Singoli Stati dell’Unione, inoltre, hanno introdotto una serie di incentivi e di agevolazioni fiscali al fine di incoraggiare l’assunzione di giovani da parte delle imprese. È stato rilevato che in Italia l’attuale modello di passaggio all’età adulta è molto rallentato e che alle difficoltà di ingresso nel mondo del lavoro si aggiungono quelle relative alla possibilità di una abitazione indipendente, in un contesto di scarsa efficacia del sistema di welfare. Va, infine, considerato che la condizione di Neet è un costo sociale a tutti gli effetti in quanto lo spreco di capitale umano riduce le prospettive di crescita e genera minori entrate fiscali, con la conseguenza di un una spesa sociale più onerosa.

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