La sigla Pnrr, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, è un termine ormai entrato nel linguaggio comune. Il progetto nato in seno all’Unione europea fa parte del Next Generation EU per il rilancio economico degli Stati membri. Nel complesso le risorse attese per l’Italia ammontano a 191,5 miliardi di euro.
NGEU è uno strumento temporaneo per la ripresa, un pacchetto da 750 miliardi di euro che contribuisce a riparare i danni economici e sociali causati in Europa dalla pandemia.
Il fulcro di NextGenerationEU è il dispositivo per la ripresa e la resilienza, Dispositivo per la Ripresa e Resilienza (Recovery and Resilience Facility, RRF), che offre sovvenzioni e prestiti a tassi agevolati a sostegno delle riforme e degli investimenti nei diversi paesi e il cui valore totale ammonta a 723,8 miliardi di euro. Per il Recovery è prevista una durata di sei anni, dal 2021 al 2026. Le risorse sono destinate in particolare alla realizzazione di progetti a sostegno della rivoluzione verde e della transizione ecologica; all’implementazione della digitalizzazione, dell’innovazione, della competitività e cultura; per il finanziamento dell’istruzione e della ricerca; all’ammodernamento delle infrastrutture; alla transizione digitale e al cambiamento climatico. Inoltre, una quota consistente delle risorse viene destinata al Mezzogiorno.
Le regole stringenti per accedere ai fondi, soprattutto per quanto riguarda le nostre imprese, nella maggior parte dei casi impreparate a rispondere ai criteri richiesti, insieme ad una comprovata ridotta capacità dell’Italia a spendere i fondi in arrivo dall’Europa – pensiamo al sottoutilizzo dei fondi strutturali – hanno alimentato in questi ultimi anni il dibattito e i dubbi anche sul corretto uso delle risorse messe in campo dal Pnnr.
Lo stesso Governo, nella Nota di aggiornamento al DEF ha ammesso che sono stati spesi 13,2 mld di euro di fondi del Pnrr rispetto a quanto previsto.
Che cosa pensano gli italiani del Pnrr?
L’Eurispes ha ritenuto interessante indagare l’opinione degli italiani riguardo al Pnrr. Dalla rilevazione è emerso che il 63,8% dei cittadini si dichiara poco o per niente fiducioso nel corretto utilizzo dei fondi; più di un terzo degli italiani, ovvero il 36,2%, si dichiara invece fiducioso che le risorse verranno correttamente utilizzare.
Pnrr, quale utilizzo per le risorse destinate alle infrastrutture?
Andando ancora più a fondo, il 25,5% dei cittadini vorrebbe che le risorse venissero impiegate per la manutenzione e la messa in sicurezza delle opere esistenti, affermando una fragilità percepita delle nostre infrastrutture. Il 24,8% del campione guarda al futuro, prediligendo la conversione ecologica delle infrastrutture presenti, mentre il 24,5% vorrebbe interventi mirati a colmare il ritardo infrastrutturale del Mezzogiorno, considerato a ragione un ostacolo atavico alla crescita e alla modernità delle nostre infrastrutture. Solo 1 italiano su 10 (10,2%) vorrebbe che i fondi venissero impiegati per la creazione di grandi opere, iniziativa spesso messa al centro dalla politica, contrariamente alle preferenze dell’opinione pubblica che, evidentemente, non le ritiene una priorità.
Scorporando i dati per area geografica, si osserva che la creazione di grandi opere è auspicata soprattutto dai residenti nelle Isole (15,7%) e nel Nord-Ovest (12,2%). Le risorse andrebbero utilizzate per la manutenzione e la messa in sicurezza delle opere già esistenti soprattutto secondo l’opinione dei residenti del Sud (29,1%) e del Nord-Est (27,4%), mentre la conversione ecologica delle infrastrutture è una priorità soprattutto per i rispondenti del Centro (31,1%) e del Nord-Ovest (29%), con una sostanziale differenza rispetto al Sud Italia (18,7%) e alle Isole (19,3%).
Gli interventi dovrebbero colmare innanzitutto il ritardo infrastrutturale del Mezzogiorno secondo il 35% dei residenti al Sud, il 31,8% degli abitanti delle Isole, mentre nel resto d’Italia il problema è meno tenuto in considerazione, soprattutto nel Nord-Ovest (14,5%). Ciò evidenzia il fatto che non sia ancora stata acquisita a livello nazionale la consapevolezza che la crescita del Paese dipende molto dalla capacità che avremo di colmare proprio quel gap geografico che ci caratterizza.
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