PNRR, come investire al Sud: dal green alle nuove professioni

PNRR al Sud: le nuove professioni su cui investire

Nei prossimi quattro anni, il mercato del lavoro si indirizzerà sempre di più verso il green, l’efficientamento energetico, l’ecosostenibilità, il digitale. Si calcola che il 50% dell’offerta di lavoro riguarderà questi settori e queste professioni. Ebbene, nel Mezzogiorno d’Italia esiste un ampio mercato, come pure ampie risorse umane, da indirizzare verso quei percorsi di studio che possano preparare all’acquisizione delle competenze necessarie. Il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) diventa quindi una grande occasione per il Sud. 

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Prospettive per il Meridione

Si tratta di un trend che non è solo legato al PNRR (e alla sua incidenza per il Sud) ma anche, e soprattutto, a quei comparti produttivi che hanno l’esigenza di ammodernare e rendere ancora più competitive, nel più breve tempo possibile, le proprie strutture e i propri asset. È per questo che oggi più che mai gli Enti locali, le Regioni e gli atenei del Meridione non possono non tenere conto di questa nuova frontiera dell’occupazione, avviando tutti quei progetti di collaborazione e di formazione in grado di garantire nuovi livelli di occupazione nei territori e, di conseguenza, una crescita e uno sviluppo che possano affrontare serenamente e a testa alta le sfide del futuro a medio e lungo termine: essenzialmente la transizione ecologica e una nuova digitalizzazione.

 

Il PNRR e il Sud: come ripartire

In questa prospettiva, indubbiamente, un ruolo centrale assume il principale strumento di Next Generation Eu ossia il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Recovery and Resilience Facility), che prevede sovvenzioni a fondo perduto per 312,5 miliardi di euro, e prestiti per un importo massimo di 360 miliardi di euro. Ulteriori sovvenzioni straordinarie sono previste per 47,5 miliardi di euro per le politiche di coesione (React-Eu), 7,5 miliardi per lo sviluppo rurale, 10 miliardi per i paesi con maggiori difficoltà per la transizione ecologica (Just Transition Fund), 5,6 miliardi per incentivare investimenti pubblici e privati (InvestEu), 1,9 miliardi per rafforzare i sistemi di protezione da catastrofi naturali (RescEu), 5 miliardi aggiuntivi a sostegno di ricerca e innovazione (Horizon Europe).

In che direzione ci si muove? Ebbene, un consistente aumento delle risorse di Next Generation Eu verrà impiegato per attività di ricerca e sviluppo, soprattutto per quel che riguarda la produzione e le utilizzazioni di idrogeno verde, e le modalità di cattura, stoccaggio e utilizzazione di CO2. Un altro importante filone è quello relativo all’approvazione di misure fiscali che prevedano, da un lato, un aumento significativo dell’imposizione fiscale sui comportamenti che causano emissioni di CO2 (Carbon tax) e dall’altro una diminuzione dell’imposizione fiscale su produzione e utilizzazione di beni che consentono di ridurre le emissioni di CO2. Gli altri due principali obiettivi del Piano europeo sono la transizione digitale e la coesione territoriale. Per la transizione digitale le linee guida della Commissione Europea (settembre 2020) richiedono a ciascun paese di riservare almeno il 20% delle risorse del Recovery Plan. Per le politiche di coesione si prevedono sovvenzioni aggiuntive a fondo perduto di 47,5 miliardi di euro per gli anni dal 2021 al 2023: sulla quota di 13,5 miliardi assegnati all’Italia, ben 8,4 miliardi sono stati destinati dal Governo italiano alle regioni del Mezzogiorno.

 

Quali sono le professioni del futuro?

Ma quali sono le professioni del futuro e, quindi, in quali settori indirizzare risorse e investimenti nella formazione? Il 33° Rapporto Italia dell’Eurispes li individua con esattezza: nanotecnologia e nanomedicina, manager e consulenti della terza età; chirurgo per l’aumento della memoria: pharmer, agricoltore/allevatore genetista, specialisti in etica della nuova scienza che sappiano affrontare e dirimere le questioni relative ad ambiti come la clonazione; avvocati virtuali, chiamati a risolvere le controversie legali che potrebbero insorgere tra cittadini residenti in giurisdizioni legali differenti; manager di Avatar per l’insegnamento ‒ insegnanti virtuali per aiutare o sostituire gli insegnanti reali nel ruolo di guide interattive ‒; sviluppatore di mezzi di trasporto alternativi; progettisti e costruttori che creeranno mezzi di trasporto di nuova generazione utilizzando materiali e carburanti alternativi; narrowcaster ‒ esperti che lavoreranno in sinergia con fornitori di contenuti e agenzie pubblicitarie per creare prodotti audiovisivi ritagliati su misura in base alle esigenze specifiche del pubblico, responsabili per lo smaltimento dei dati personal ‒; specialisti che forniscano alle persone che non vogliono essere rintracciate un servizio efficace di smaltimento ed eliminazione dei dati personali presenti nei vari database, elettronici o fisici. E ancora, responsabili della gestione e dell’organizzazione della vita digitale, broker del tempo e agenti di cambio specializzati, assistenti sociali per social network, personal brander ‒ consulenti che ci aiuteranno a creare un nostro marchio, un personal brand, attraverso i social media e altri mezzi di comunicazione di massa.

Come è facile immaginare, è una vera e propria rivoluzione del mondo del lavoro che procede in questa direzione e che si sviluppa velocemente accanto ai mestieri e alle professioni tradizionali che, comunque, subiscono e continueranno a subire modifiche e trasformazioni in un mercato del lavoro che penalizza ‒ come sottolinea l’Eurispes ‒ le donne: in questo senso, si registrano preoccupanti perdite di posti di lavoro: 444mila di cui 312mila donne e 132mila uomini. E a questo proposito, un divario tra tasso di occupazione femminile e maschile che continua ad essere tra i più alti in Europa, con l’Italia che è solo 76esima nella classifica mondiale sulla parità salariale (il nostro Paese ha perso 6 posizioni rispetto al 2019), senza considerare che il reddito mensile medio delle donne in Italia è inferiore del 18% rispetto a quello maschile.

È chiaro che i processi di formazione e di selezione del personale, in un’ottica di sinergia tra pubblico e privato e di condivisione degli obiettivi da parte degli enti chiamati a svolgere un ruolo attivo, non potranno che ridurre il gap e le discriminazioni tra uomini e donne, secondo criteri di competenza e di meritocrazia. In questa prospettiva, ma non soltanto, l’appello che dev’essere rivolto ai Comuni e alle Regioni nonché ai poli universitari del Meridione è quello di una interazione e di una condivisione degli obiettivi legati alla formazione e alla specializzazione di quelle figure professionali che saranno sicuramente protagoniste in uno scenario post pandemia e che potranno guidarci in un contesto nuovo, ecosostenibile e marcatamente digitalizzato.

*Saverio Romano, Presidente dell’Osservatorio Mezzogiorno dell’Eurispes.

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