Per una nuova riforma del Mes

Il dibattito infinito sul Mes

Il gran vocio e lo spettacolo di questi mesi e di questi giorni intorno al MES rappresentano al meglio il carattere e il comportamento di noi italiani, sempre divisi tra guelfi e ghibellini, piuttosto che dal merito delle questioni. Ci siamo messi a polemizzare anche sul credito concesso dal MES per la Sanità, dimenticando la sua riforma di cui la gran parte degli italiani – compresi molti dei politici che si accapigliano – sa poco o nulla, perché non se n’è mai discusso seriamente nel merito e con trasparenza. Una riforma, quella del MES, tornata in auge in questi giorni, perché a Bruxelles attendono il nostro consenso sul nuovo regolamento. Consenso già dato, in verità, da tutti i governi precedenti, compreso quello 5 Stelle-Lega. Perché allora tanta polemica? Premesso che si tratta di una polemica strumentale da entrambe le parti. Vediamo brevemente qual è la situazione. Per capire la discussione di oggi bisogna risalire all’origine del MES e, per parlarne e poter esprimere una valutazione, bisogna conoscere la riforma e l’insieme dei suoi contenuti (vedere allegato).

Serve una riforma, ma in un’altra direzione

In breve, è lecito sostenere che, pur in presenza di alcuni cambiamenti, la sostanza del Meccanismo è rimasta immutata rispetto a quella precedente, al punto che ai paesi conviene di più mettere in atto da soli i provvedimenti economici e finanziari necessari per evitare di essere costretti a farvi ricorso. Questo è il punto. Inoltre con gli interventi della BCE come acquirente dei titoli pubblici dei paesi, confermati con la crisi da Covid-19, il MES, così come emerge dalla riforma, non ha più molto senso. Sembra fuori posto. In quest’ultimo anno sono cambiate molte cose che consiglierebbero una sua riforma in tutt’altra direzione.

Mes: due scuole economiche a confronto

Ma, allora, perché non farlo subito? Perché tutta queste polemiche? Sono i misteri nascosti in questo grande e confuso contenitore europeo, nel quale a volte è difficile districarsi, anche per i cosiddetti esperti (figuriamoci per gli altri cittadini). La risposta, a mio avviso, è semplice: nonostante la crisi, la sospensione del Patto di stabilità e l’approvazione, anche se ancora in bilico, del Piano di Rilancio (“Recovery Plan”) ci sono paesi che vorrebbero ripartire, dopo la crisi, dalle stesse condizioni in cui ci siamo entrati. Mentre altri, giustamente, vorrebbero partire dalle nuove condizioni che si sono determinate con la pandemia per completare le riforme avviate e superare i limiti attuali dell’Eurozona. Le due scuole economiche, le due visioni dell’Unione non sono scomparse, un miracolo che nemmeno il Coronavirus, al momento, è riuscito a fare!

QFP e Piano di Rilancio: come uscire dallo stallo?

Servirebbe un nuovo percorso, anche se ancora sono molte le difficoltà. Ma, con la fine della pandemia, nessuno potrà pensare di tornare al punto di partenza. Bisognerà cambiare il Patto di stabilità in un Patto per la crescita, l’occupazione e la stabilità, rimodulando gli attuali parametri. Inoltre, saremo costretti a tener conto del forte indebitamento che la pandemia ha causato.

Un ruolo centrale nell’Eurozona

In questa prospettiva – anche se si approverà la riforma attuale – il MES dovrà trovare una nuova funzione e nuove finalità, che non possono più essere quelle attuali. Dovrà svolgere un ruolo centrale all’interno dell’Eurozona, a sostegno di una politica economica e monetaria favorevole alla crescita, aiutandola ad uscire dai limiti e dalle deficienze che ancora la contraddistinguono. Potrebbe essere il primo strumento di politica fiscale e di bilancio per la zona Euro, visto che già ha un fondo di circa 400 miliardi. Potrebbe emettere titoli di debito comune, acquistare quelli dei paesi e ricomprare parte di quelli detenuti dalla BCE. Ciò, naturalmente, comporta un cambio radicale del MES così com’è oggi. Potrebbe essere un valido strumento per favorire il completamento dell’Eurozona, anticipandone la riforma. Un’esigenza emersa già con la crisi precedente e rafforzata da quella attuale, che mette nuovamente in luce la necessità di ridurre gli squilibri e le disuguaglianze attraverso trasferimenti, e non solo aumentando i debiti nazionali. Debiti ai quali vanno trovate risposte comuni a livello europeo e nazionale sia attraverso politiche capaci di rimettere in moto la crescita, sia con interventi, tramite il MES, capaci di contrastare o evitare attacchi speculativi. Ciò vale, in particolare, per debiti emessi per fare fronte alla pandemia. Questi potrebbero essere riassorbiti e resi irredimibili. Ormai siamo al punto che tali riforme, sia dell’Eurozona sia del MES, vanno fatte con i paesi che ne condividono le finalità comuni. Non possiamo più permetterci di tenere l’Unione bloccata.

Emergenza Covid e fondi europei non spesi. L’Italia agganci la ripresa con le risorse già esistenti

Il ruolo dell’Italia

In questa direzione il nostro Paese può dare un contributo importante, mettendo sullo stesso tavolo, al momento opportuno, la revisione del Patto di stabilità, la questione del debito, il ruolo del MES e quello dell’Eurozona – nella certezza che questa non possa fare a meno della politica. Ciò faciliterebbe l’uscita dall’angolo in cui l’Italia sembra essersi cacciata da tempo, tacciata di inaffidabilità e costretta a mangiare la minestra cucinata da altri o saltare dalla finestra. Allo stesso tempo, deve presentare un piano sul Recovery Fund all’altezza della situazione, capace di trainarla fuori dalle secche della crescita zero, che ormai l’accompagna da tempo e che fa aumentare il debito. Una occasione unica da sfruttare insieme ad altri paesi in una logica comune, appunto, anche per una nuova riforma del MES.

*Coordinatore del Laboratorio Europa dell’Eurispes.

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