Nella seduta plenaria del 4 ottobre 2022 il Parlamento europeo ha adottato una Risoluzione (non vincolante) che propone l’impiego della blockchain per combattere l’evasione fiscale. Nello stesso documento è stata anche inserita la richiesta per avviare le consultazioni per una disciplina organica sulle cripto-attività, il cui valore ha ormai superato diversi trilioni di miliardi in moneta reale.
La cripto-attività e l’emersione
In un tale contesto la Legge di Bilancio 2023 ha previsto una normativa organica della fiscalità delle criptovalute, adesso definite “cripto-attività”. Se non vi sono particolari problematiche per il contribuente che ha modo di poter dimostrare e documentare il valore d’acquisto delle cripto-attività in suo possesso, la questione si fa più delicata per chi non ha modo di dimostrare alcun valore d’acquisto, eventualità non così remota trattandosi di criptovalute. In mancanza di un valore d’acquisto documentabile, la plusvalenza sarà di fatto equivalente al valore totale in possesso e pertanto la tassazione sarà applicata interamente. Viene quindi messa a disposizione una strada alternativa: “resettare” il valore d’acquisto alla data del 1° gennaio 2023, con il pagamento di un’imposta sostitutiva del 14% sul valore totale in possesso. In questo modo, la plusvalenza futura sarà determinata a partire da questo valore come valore d’acquisto. Chi negli anni passati ha detenuto cripto-attività mai dichiarate al fisco, avrà la possibilità di presentare un’apposita dichiarazione, versando una sanzione dello 0,5% per ciascun anno sul valore delle attività non dichiarate. Presupposto fondamentale per la regolarizzazione è la liceità delle somme investite, e cioè che i capitali utilizzati per acquistare cripto-attività non siano frutto di un illecito.
Il ruolo degli intermediari abilitati
Sono previste, tra l’altro, anche modifiche all’art. 6 del Dlgs. 461/97, recante la disciplina dell’imposta sostitutiva applicata dagli intermediari abilitati sui redditi diversi di natura finanziaria ed ora, anche, sulle plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di cripto-attività; il cosiddetto regime del risparmio amministrato. Regime utilizzabile però, soltanto in caso di intermediario finanziario residente, o in caso di intermediario non residente che si sia identificato direttamente in Italia, ed operi tramite sede italiana o abbia costituito una stabile organizzazione in Italia. In sostanza, coinvolgere anche gli intermediari nella tassazione fa ottenere il vantaggio di far sì che la tassazione venga applicata e trattenuta dallo stesso intermediario, con versamento diretto all’Erario.
Alla nuova disciplina corrisponderanno anche nuovi controlli
Già con il DL.25 maggio 2017, n. 90, i prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale erano stati inclusi tra i destinatari degli obblighi antiriciclaggio. Con la nuova Anagrafe i dati delle transazioni saranno trasmessi trimestralmente al Ministero dell’Economia e per chi opererà in Italia sarà obbligatoria l’iscrizione nel registro della valuta gestito dall’Oam (Organismo agenti e mediatori). Il registro sarà inoltre accessibile alla Guardia di Finanza e altre Forze di polizia.
Il mondo delle criptovalute sta andando verso un vero e proprio ossimoro, in quanto nate come minaccia al monopolio statuale dell’emissione di denaro: la criptovaluta di Stato. La Cina, che detiene più del 70% dell’estrazione mondiale di bitcoin, ha deciso di lanciare una propria criptovaluta nazionale: uno yuan digitale, che, in futuro, dovrebbe sostituire i soldi contanti in circolazione. Lo spirito “anarchico” che aveva contraddistinto la nascita delle prime criptovalute è ormai stravolto e l’uso delle stesse assume profili di rilevanza geopolitica.
La dimensione virtuale: il Metaverso
Il Metaverso consente di svolgere, attraverso avatar, attività produttive di redditi, che, fino ad oggi, erano compiute solamente nella dimensione fisica. Il Legislatore non riesce ad intercettare un fenomeno i cui tempi non sono allineati agli iter normativi, ministeriali e burocratici, e così sfugge all’imposizione tutti i redditi generati nella dimensione virtuale. Eppure, per porre un argine all’evasione fiscale si potrebbero utilizzare le categorie “tradizionali”, come l’identificazione del contribuente, e cioè dell’impresa o della persona fisica operante nel Metaverso. Identificato il soggetto, bisognerebbe poi individuare un idoneo criterio di collegamento del mondo virtuale con quello reale, sia in termini di giurisdizione che di svolgimento del potere accertativo sui redditi prodotti nella dimensione digitale. Infine, anche le attività di “baratto” o permuta di cripto-attività o NFT, che regolarmente vengono svolte nel Metaverso, qualora generassero un guadagno, determinerebbero un reddito diverso (da dichiarare). Se l’acquisto di token assume la funzione di investimento di natura finanziaria, il contribuente dovrebbe tassare l’eventuale differenza in termini di plusvalenza. Ciò in forza di una applicazione “ragionata” delle regole fiscali già oggi vigenti, portando così un po’ di equità fiscale nella prateria del Metaverso.
*Avv. Giovambattista Palumbo, Direttore Osservatorio Eurispes sulle Politiche fiscali.