Il crocevia della criminalità in Europa: la mafia in Belgio

Esiste un centro politico ed istituzionale dell’Europa. La domanda seguente dovrebbe essere: esiste un centro delle mafie in Europa? Sicuramente esiste un crocevia, geografico, ed è il Belgio. La criminalità organizzata sembra sovrapporsi ad una geografia istituzionale, tanto quanto i suoi flussi finanziari si sovrappongono perfettamente ai principali mercati internazionali. Una sequenza logica, che ovviamente tiene conto delle tante eccezioni che le strutture criminali adottano e creano, ovvero nuovi mercati e nuove rotte, una evoluzione costante del libero mercato che non ha confini e non conosce limiti. 

Nel prosieguo dell’analisi sulle mafie in Europa, ci spostiamo in Belgio con Francois Farcy, una carriera di oltre venti anni nella polizia belga. Dal 2001 è in forze nella Polizia Federale Belga, dove si è occupato di criminalità organizzata, dalle mafie italiane alla criminalità organizzata albanese e quella cecena. Dopo essere stato Direttore della polizia giudiziaria di Mons-Tournai, occupa attualmente la stessa posizione a Liegi.

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La mafia in Belgio

Qual è la situazione attuale della criminalità organizzata in Belgio? Esiste un gruppo autoctono, oppure sono tutti gruppi di provenienza straniera?

In qualità di Capitale dell’Europa, e come crocevia del Continente con molte strade, stazioni ferroviarie, aeroporti internazionali e non in ultimo il porto di Anversa, il Belgio è molto attraente per la criminalità organizzata internazionale. Da un punto di vista storico e sociale, molte comunità si sono stabilite in Belgio, anche da molto tempo, basti pensare a quella italiana, marocchina, turca, algerina, e via dicendo. Purtroppo ci sono anche criminali all’interno di queste comunità, e alcuni membri della mafia. Inoltre, in Belgio possono trovare un posto per nascondersi o per stabilire nuove attività criminali transnazionali i pentiti.

Ci sono in Belgio organizzazioni criminali coinvolte in diverse attività, soprattutto nel traffico di droghe sintetiche. Sono spesso legate a territori olandesi, ad una regione (quella tra Olanda e Belgio) che è zona di produzione. Da più di 20 anni vi è un insediamento permanente di criminali albanesi. Posso confermare che questi clan criminali sono diventati una vera e propria mafia, e rappresentano la criminalità organizzata più attiva e pericolosa. Questo è dovuto alla poliedricità di interessi criminali, la loro grande capacità di mobilità e il loro essere presenti in tutto il mondo. Hanno raggiunto lo stesso livello degli altri gruppi, compresa la stessa mafia italiana. Si occupano di traffico di droga (cocaina, eroina e cannabis), traffico di esseri umani (immigrazione illegale e prostituzione), furti organizzati, riciclaggio di denaro. Hanno il loro accesso diretto al porto di Anversa non solo come facilitatori, ma anche come organizzatori. Hanno connessioni dirette con il Sud America, ovvero la fonte di approvvigionamento della cocaina. L’Albania è uno dei paesi che conta il maggior numero di società di import-export di banane in Europa, per dare un’idea chiara. In realtà, sono anche coinvolti su larga scala nell’organizzazione e nel controllo di molte piantagioni di cannabis. Molte di queste produzioni vengono smantellate ovunque in Belgio, ogni settimana.

E per quanto riguarda le mafie italiane in Belgio?

La mafia italiana è insediata in Belgio da molto tempo, specialmente in alcune zone. Cosa Nostra e la Stidda a Liegi, Charleroi e Mons, meno a Bruxelles ed Anversa. Famiglie legate alla ‘Ndrangheta sono insediate a Limburg e coinvolte nel mercato della droga ad Anversa (come ad esempio la famiglia Aquino). Ci sono anche quelli che chiamiamo i gruppi criminali italo-belgi di tipo mafioso, coinvolti in diverse attività criminali in relazione con l’Italia. Per esempio gruppi belgi che operano con la Camorra di Napoli e sono coinvolti nel traffico di auto e di denaro falso.

C’è anche la presenza di molti gruppi criminali in Belgio, come la cosiddetta Mocro Mafia?

Questo termine giornalistico, letterario, indica la criminalità organizzata di origine marocchina. Il termine nasce dal dispregiativo olandese “mocro” (storpiatura della parola inglese Moroccan, ndr) che indica la minoranza marocchina e la parola mafia. È coinvolta nel controllo del traffico di cocaina che arriva ad Anversa ed ha diverse attività violente collaterali per controllare i suoi affari e la sua area criminale. I ceceni, invece, sono arrivati in Belgio alla fine degli anni Novanta. Sono coinvolti in crimini molto violenti e nel terrorismo. Ci sono poi i bulgari e i clan nigeriani, anch’essi coinvolti nella prostituzione e nei furti organizzati. Come dicevo prima, sono molti i gruppi criminali che hanno interessi in Belgio per stabilirsi, o per condurre attività illegali. Un ulteriore campo d’azione è quello della frode sociale e di dumping sociale, soprattutto società di import-export o di camion (logistica).

 

La lotta alla criminalità belga

Qual è, dal suo punto di vista, la percezione del problema mafia in Belgio? C’è una reale attenzione, oppure è un problema che viene sottovalutato?

La lotta contro la criminalità organizzata è ora la nostra priorità più importante, unitamente con il terrorismo. Anche il nostro nuovo governo ha sottolineato l’importanza di questa priorità e c’è un’attenzione a tutte le attività del crimine organizzato – dal traffico di droga, allo scontro violento tra diversi gruppi – soprattutto sostenuta da un vero piano d’azione sul “follow the money”, seguire il denaro come ha insegnato il giudice Falcone. Recentemente sono state aggiornate diverse leggi come quella sui pentiti, sulle infiltrazioni nelle Amministrazioni pubbliche, sulle infiltrazioni su Internet. Si lavora molto duramente per limitare gli effetti del recente stop da parte della Corte di Giustizia dell’Unione europea sulla limitazione della conservazione dei dati (1).

Una parte della società e della politica dovrebbe essere più consapevole e convinta degli effetti dell’OC sulla nostra popolazione e sull’economia.

Recentemente, in Francia, è stata approvata una legge per il riutilizzo dei beni confiscati alla mafia. C’è una legge simile in Belgio e quanto sarebbe importante averla?

La legge belga può essere considerata come un sistema molto proattivo, con possibilità di applicazione della legge molto interessante rispetto al riciclaggio di denaro, alla confisca dei beni, al sequestro. Possiamo semplicemente utilizzare in parte i beni confiscati per il nostro sostegno. Questo punto fa parte di alcune proposte, attualmente in corso, rivolte al nostro Ministro della Giustizia.

 

Le sfide del futuro 

Quali sono le sfide future che deve affrontare il Belgio in merito alla mafia? Sono necessarie nuove leggi, e dall’altro canto, quanto la cooperazione tra Stati europei è importante?

La sfida futura che il Belgio deve affrontare per quanto riguarda la mafia, e più in generale la criminalità organizzata di stampo mafioso, è quella di (ri)costruire una comprensione migliore del loro insediamento nel nostro paese e di evidenziare i loro obiettivi prioritari. Anche se abbiamo acquisito competenza e consapevolezza nel contrasto dei gruppi di stampo mafioso, questi evolvono continuamente e dobbiamo tenere il passo. Sappiamo anche con certezza che dopo l’”Operazione Anversa” del marzo 2021 i gruppi della criminalità organizzata stanno cercando nuovi affari e nuove controstrategie per rimanere redditizi. Quindi non possiamo arrenderci e il Belgio continuerà a investire nella lotta contro il crimine organizzato. Per fare questo la polizia belga sta sviluppando un nuovo programma all’interno del nostro Piano di Sicurezza Nazionale (PNS 2022-2025), per affrontare i gruppi criminali organizzati con un approccio orizzontale sulle strutture criminali e i loro beni con una prospettiva amministrativa e internazionale. Il Belgio è anche convinto dell’importanza permanente e quotidiana di lavorare insieme agli altri Stati membri dell’Ue ed esteri. Lo facciamo già partecipando a diversi progetti dell’Europol, al progetto @On con la DIA italiana e altri 26 paesi, nonché ad alcuni progetti dell’Interpol. Collaboriamo quotidianamente con Europol, Eurojust e altri LEA attraverso gli strumenti internazionali europei (JIT, scambio di informazioni, etc.) e i trattati internazionali. Abbiamo diversi ufficiali in collegamento dall’estero e abbiamo anche diversi accordi bilaterali o MOU (es: Belgio-Italia).

 

(1) nella causa C-746/18 la Corte di Giustizia ha affermato il principio che l’accesso, per fini penali, ad un insieme di dati di comunicazioni elettroniche relativi al traffico o all’ubicazione, che permettano di trarre precise conclusioni sulla vita privata, è autorizzato soltanto allo scopo di lottare contro gravi forme di criminalità o di prevenire gravi minacce alla sicurezza pubblica. La questione nota come “data retention” ha suscitato forti dispute tra autorità investigative e organi di controllo (ndr).

Lintervista è disponibile anche in inglese

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