Le infrastrutture contribuiscono alla costruzione della società futura costituendone, per definizione, gli elementi portanti. Oxford Economics nel 2017 ha stimato il gap infrastrutturale italiano in 373 miliardi di dollari per il periodo 2016-2040, con un bisogno di spesa in infrastrutture del 30% maggiore rispetto al trend allora in corso. La crisi pandemica ha dimostrato che tale gap era in realtà sottostimato, con gravi carenze nelle infrastrutture sociali (scuole, ospedali, edilizia sociale). Anche in chiave infrastrutturale, le transizioni gemelle sono i pilastri alla base della politica di ripresa economica: sullo sviluppo di infrastrutture verdi e digitali si giocherà dunque il raggiungimento degli obiettivi europei e internazionali di neutralità climatica e quelli individuati dall’Agenda 2030.
Gli indirizzi del Governo Draghi
La trasformazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile, parallelamente alla denominazione del Ministero dell’Ambiente in Ministero per la Transizione Ecologica, sono cambiamenti emblematici della nuova visione di sviluppo orientata verso la sostenibilità economica, sociale e ambientale. Il PNRR affronta il recupero del gap infrastrutturale italiano in modo trasversale alle sue Missioni. Agli investimenti specifici per la transizione verso mobilità e logistica verdi, si accompagnano gli interventi in infrastrutture digitali, sociali e idriche per un totale complessivo di risorse pari a circa 62 miliardi. Oltre ai finanziamenti, i recenti interventi normativi sono finalizzati ad efficientare e velocizzare i cantieri: da una parte il Decreto “Governance e Semplificazioni” (DL 31 maggio 2021 n. 77) che ha previsto, tra l’altro, iter più rapidi per la realizzazione delle opere, il rafforzamento del dibattito pubblico, l’introduzione dell’appalto integrato e nuove procedure per gli appalti. Sono inoltre stati messi in campo strumenti di policy come la nomina dei 20 Commissari Straordinari per 45 grandi opere, per un valore complessivo di 13,5 miliardi, oltre alla costituzione dell’unità di contatto per il coordinamento e il sostegno ai commissari interna al MIMS.
La ripartizione delle risorse
I progetti sono finanziati con 40,7 miliardi di euro provenienti dal RRF, 331 milioni dal REACT-EU, 10,6 miliardi dal Fondo complementare e 10,3 miliardi dallo scostamento di bilancio. Viste le tempistiche previste dal NGEU, l’integrazione delle risorse tramite fondi nazionali permette il finanziamento di progetti con un orizzonte temporale che vada anche oltre il termine del 2026, come il completamento dell’Alta Velocità Salerno-Reggio Calabria.
In termini di destinazione geografica, il 56% delle risorse per le infrastrutture (34,7 miliardi di euro) è destinata al Mezzogiorno. Con riferimento invece agli ambiti di intervento, alle infrastrutture per una mobilità sostenibile è dedicata una quota pari al 67% del totale; per la digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura lo 0,8%; per la rivoluzione verde e la transizione ecologica il 25%; inclusione e coesione sociale al 6,3%. Non tutti i progetti previsti sono di competenza esclusiva del MIMS, poiché per alcuni si prevede la collaborazione anche tra diversi Ministeri (Transizione ecologica, Transizione digitale, Cultura, Giustizia, Dipartimento per il Sud e la Coesione territoriale).
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Il nuovo paradigma infrastrutturale
In un contesto in continua evoluzione, il Covid potrebbe aver messo in discussione certezze e visione dei territori e delle città che credevamo acquisite. Basti pensare ai cambiamenti della morfologia economica e sociale dei territori italiani in risposta alle esigenze di decentramento e distanziamento fisico; o all’incremento dello smart working e del fenomeno che durante la pandemia è stato definito come “South working”, ovvero la tendenza a lavorare (ma anche studiare) dal Sud quando il datore di lavoro è localizzato al Nord.
Necessarie strategie di sviluppo che integrino territori e infrastrutture
La mutazione delle geografie spaziali comporterà un cambiamento anche delle infrastrutture che le definiscono. Per evitare di aggravare il già esistente gap tra territori centrali e periferici, aree urbane e aree rurali, sarà di vitale importanza definire delle strategie di sviluppo che integrino i territori e le infrastrutture come componenti significative delle loro politiche di azione. In questo contesto, è necessario ragionare su nuove categorie e paradigmi anche per le nostre aree urbane, in cui inclusione sociale, protezione ambientale e innovazione digitale siano coinvolte nello stesso processo. In tale ottica, la chiave per la rigenerazione infrastrutturale potrebbe passare per la promozione del finanziamento integrato dei progetti di sviluppo da parte di investitori istituzionali e privati, potenzialmente in grado di generare un flusso di investimenti a cascata.
*Responsabile per l’Istituto dell’Osservatorio per lo Sviluppo dei Territori Eurispes/RGS.