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Programmare una strategia post Covid per l’occupazione

di
Irina V. Novikova, Sergey A. Vartanov, Victoria P. Tyshkevich*

Programmare una strategia per l’occupazione permette di trarre vantaggio da tutte le opportunità che emergono e scompaiono rapidamente, di ridurre l’incertezza e di respingere le minacce più diverse. Secondo la teoria e metodologia della strategia di sviluppo formulata dal Prof. Vladimir Kvint[1], per elaborare una strategia efficace, è necessario armonizzare gli interessi di tutti gli attori, identificare le tendenze globali, nazionali e regionali e basare la strategia sui propri vantaggi competitivi.

La crisi post Covid può essere caratterizzata da una molteplicità di tendenze globali e locali che incidono sui livelli di occupazione. Tra queste tendenze è possibile individuare quelle  principali e raggrupparle in base alla loro genesi e impatto diretto sull’occupazione.

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Covid-19, Pmi come innovatori di occupazione inclusiva e sostenibile

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Tendenze demografiche, impatto principale:

  • diminuzione della popolazione in età lavorativa.

L’aumento della mortalità e il calo del tasso di natalità hanno accentuato la naturale diminuzione della popolazione in diversi paesi[2]. Allo stesso tempo, l’influenza della crescita migratoria, tradizionalmente utilizzata per compensare l’effetto negativo del naturale declino nei livelli di crescita della popolazione, è diventata irrilevante a causa della diminuzione dei flussi di lavoratori migranti dall’estero[3]. Inoltre, la diminuzione della domanda di lavoro da parte delle imprese, che ha seguito l’introduzione delle varie chiusure totali o parziali, è stata accompagnata da una riduzione, o addirittura una sospensione totale dell’afflusso di manodopera tradizionale, a causa delle politiche restrittive dei governi sull’uscita e l’ingresso nei rispettivi paesi[4]. Tutto ciò ha modificato le caratteristiche quantitative e qualitative dell’offerta di lavoro, con implicazioni economiche tanto positive che negative[5].

Tendenze sociali, impatti principali:

  • crescita dell’alienazione sociale associata alla paura del contagio;
  • diminuzione della motivazione al lavoro, causata dalla crescita delle garanzie sociali e dei sussidi governativi nei paesi con un supporto sociale sviluppato;
  • diminuzione della motivazione a conseguire una formazione professionale adeguata a causa dell’incertezza nelle diverse sfere dell’ attività lavorativa e nell’economia in generale[6].

 Tendenze economiche, impatti principali:

  • aumento dell’incertezza nello sviluppo economico;
  • una crescente differenziazione della popolazione in relazione allo sviluppo e diffusione delle competenze digitali e della possibilità della loro applicazione nel lavoro;
  • l’emergere di nuove tipologie di lavoro e la trasformazione di quelle tradizionali in nuove forme;
  • riduzione del numero di industrie che non forniscono garanzie sociali ai dipendenti;
  • diminuzione dell’attrazione di lavoratori migranti a causa della chiusura delle frontiere statali;
  • cambiamenti nelle catene di produzione-fornitura;
  • cambiamenti nelle preferenze dei consumatori e nella domanda di prodotti;
  • riduzione del reddito della popolazione.

L’importanza dell’economia comportamentale

Una parte importante dei metodi qualitativi e quantitativi utilizzati nel processo di programmazione strategica dell’occupazione è basata sulla teoria dell’economia comportamentale, che permette di analizzare i processi in corso e prevederne più correttamente le conseguenze durante una crisi come quella pandemica attuale e successivamente ad essa.

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Mercato del lavoro, non solo Covid. La crisi è strutturale

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I primi modelli comportamentali riguardanti il rapporto tra l’impegno lavorativo e la scelta tra i diversi livelli di salario (modelli di efficienza salariale) risalgono gli anni Ottanta[7][8]. Il modello di base dell’efficienza salariale spiega che quando la curva della produttività è fissa, il salario reale pagato dalle imprese è assolutamente rigido; quindi, si aggiusta verso il basso durante i periodi di recessione o quando c’è un eccesso di offerta di lavoro, che è particolarmente evidente nel periodo del Covid-19. I modelli comportamentali fanno riferimento alla motivazione dei lavoratori e alla necessità di mantenere un margine di divario tra i due estremi: da un lato, il grado di soddisfazione del proprio lavoro e, dall’altro, il rischio di trovarsi disoccupati. Diversamente, secondo la teoria dei salari effettivi, la minaccia di licenziamento è inefficace nel suscitare degli stimoli positivi. Infatti, quanto più il salario è basso, tanto più i lavoratori diventano come indifferenti all’alternativa tra lavorare ed essere disoccupati e, di conseguenza, sono poco incentivati a scegliere livelli più alti di impegno lavorativo. Questo è uno degli ostacoli che si incontrano quando si cerca di attrarre forza lavoro da paesi con un alto tasso di protezione e garanzie sociali, poiché molti potenziali lavoratori preferiscono ricevere i sussidi di disoccupazione piuttosto che lavorare. Questa teoria si basa, in parte, sull’applicazione al mercato del lavoro della concezione classica della teoria della prospettiva di Kahneman e Tversky[9], sulle scelte preferenziali collegate a precisi parametri di riferimento. I dipendenti di una impresa possono percepire il salario come ingiusto, se è ritenuto basso rispetto alle aspettative salariali; in questa situazione viene fornito  alle imprese un motivo per licenziare i propri dipendenti invece di abbassare i salari e ciò per mantenere alti i livelli di impegno tra gli occupati. Al contrario, con salari più alti, la psicologia dello “scambio di doni” diventa rilevante, poiché i dipendenti prestano un impegno aggiuntivo per ricambiare la disponibilità del datore di lavoro a pagare più del minimo possibile[10].

Controllo e auto-controllo nel mondo del lavoro

Le nuove condizioni di lavoro causate dal bisogno di auto-isolamento per la crisi pandemica hanno portato a nuovi problemi di (auto) controllo. Se l’impegno lavorativo aggiuntivo fosse facile da osservare, controllare e misurare, ci si aspetterebbe che le imprese applicassero dei contratti nei quali, in aggiunta al numero di ore lavorate, fossero prescritti anche i valori e le quantità di tale impegno aggiuntivo.

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La fabbrica 4.0: una “città inclusiva” del lavoro

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Tuttavia, il fatto stesso dell’osservazione e del controllo da parte dell’impresa di tale impegno dei dipendenti cambia le condizioni dell’offerta di lavoro, come postulato dalla teoria dell’ “Efficienza X” di Harvey Leibenstein[11]. Poiché i lavoratori considerano l’essere monitorati dai manager una manifestazione di sfiducia, essi tendono a rispondere con lo shirking (sottrarsi), con il sottrarsi ai doveri e responsabilità (cioè, tendono a fornire un livello inferiore di prestazioni in qualsiasi ambito di attività nel quale essi godono di discrezione). Secondo la teoria dell’ “Efficienza X”, all’aumentare del monitoraggio e delle sanzioni contro un comportamento lavorativo caratterizzato da un basso grado di impegno, possono seguire due risultati opposti nelle scelte dei dipendenti ostili alla direzione d’impresa. Il primo risultato è un aumento del grado del loro impegno lavorativo quando  l’azione dei controllori e le eventuali sanzioni relative sono impostate e applicate proprio in relazione al grado di impegno riduttivo di un dipendente nelle sue attività lavorative. All’opposto, un secondo risultato può essere una ulteriore diminuzione dell’impegno lavorativo nell’ambito dei propri limiti di discrezionalità. In sostanza, il monitoraggio da parte di un’impresa del grado di impegno dei dipendenti può portare ad una vasta gamma di risultati diversi; né influiscono su di essi le proposte di una direzione di aumentare i livelli salariali o comminare sanzioni, quando un dipendente continua a considerare tale monitoraggio come un atto di sfiducia dell’impresa nei suoi confronti. Sono piuttosto altri fattori che possono incidere positivamente o negativamente sull’impegno di un dipendente, come il comportamento dei colleghi o il sistema di norme sull’organizzazione del lavoro. 

La maggiore influenza degli atteggiamenti comportamentali sulla produttività del lavoro si può individuare nei mercati del lavoro dei paesi in via di sviluppo, comunque in tutti quei paesi nei quali si registrano alti livelli di occupazione informale o temporanea e di lavoro autonomo. In queste situazioni, data la scarsità (o addirittura la totale assenza) di sistemi di supervisione e controllo diretto o indiretto da parte delle imprese, è  l’autocontrollo dei lavoratori che determina le scelte sul livello produttivo da conseguire (e quindi sulla produttività del lavoro). Un lavoratore, che non ha un contratto di lavoro formale con mansioni e sanzioni prescritte, molto probabilmente non dovrà subire le stesse conseguenze delle violazioni disciplinari (ritardi, assenteismo) di un lavoratore dipendente che invece ha un orario di lavoro fisso e un manager supervisore. I problemi collegati all’autocontrollo incidono profondamente sulla natura del processo di assunzione al lavoro e le sue prospettive, perché le due parti (il datore di lavoro e il dipendente) possono essere entrambe interessate a incentivare un maggiore impegno lavorativo del dipendente al quale si prospetta una nuova occupazione. A ciò va aggiunto che i datori di lavoro tendono a progettare contratti che vadano incontro alle esigenze dell’autocontrollo, anche nelle situazioni in cui un dipendente non è in grado di valutare in modo adeguato le proprie capacità[12].

Conclusione: il valore degli orientamenti sociali

Oltre alle particolari condizioni di dipendenza e  al timore della perdita del posto di lavoro[13] (si torna alla teoria della prospettiva di Kahneman e Tversky[14]), sugli orientamenti comportamentali dei lavoratori esercitano una grande influenza anche altri fattori come, ad esempio, l’avversione alla disuguaglianza[15] e il sistema delle norme sociali[16].

Risolvere il problema della strategia occupazionale di un popolo, considerando gli aspetti demografici e comportamentali, implica un aumento sostanziale non solo del livello di efficienza nell’impiego della forza lavoro, ma anche del potenziale umano, della motivazione e della produttività del lavoro, così come un miglioramento dei sistemi di istruzione, di assistenza sanitaria e la riduzione dell’incertezza economica e sociale.

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Strategizing the population employment after the Covid-19 crisis 

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*Prof. Irina V. Novikova
Dipartimento di Strategia Economica e Finanziaria
Università Statale Lomonosov di Mosca
*Prof. Sergey A. Vartanov
Dipartimento di Econometria e Modelli Matematici dell’Economia
Università Statale Lomonosov di Mosca
*Prof. Victoria P. Tyshkevich
Vice rettore aggiunto, Università Statale Lomonosov di Mosca

[1]Kvint V.L. Development of Strategy: Scanning and Forecasting of External and Internal Environments. Administrative Consulting. 2015;(7):6-11. (In Russ.)

[2]Birth rate, mortality, natural growth, marriage, divorce rates for January-November 2020 (Коэффициенты рождаемости, смертности, естественного прироста, браков, разводов за январь-ноябрь 2020 года). Federal State Statistic Service of the Russian Federation. URL: https://rosstat.gov.ru/storage/mediabank/H6naDXZa/t1_2-11.xlsx.

[3]Summary of key performance indicators on the migration situation in the Russian Federation for January-November 2020. (Сводка основных показателей деятельности по миграционной ситуации в Российской Федерации за январь – ноябрь 2020 года). Ministry of Internal Affairs of the Russian Federation. URL: https://мвд.рф/Deljatelnost/statistics/migracionnaya/item/22236053/.

[4]Tertrais B. Covid-19 et démographie: à quoi faut-il s’attendre? // Institute Montaigne, 21.04.2020. URL: https://www.institutmontaigne.org/blog/covid-19-et-demographie-quoi-faut-il-sattendre.

[5]Socio-political situation and demographic development of the Russian Federation in 2020. Russian society and the state in the context of a pandemic. (Российское общество и государство в условиях пандемии. Социально-политическое положение и демографическое развитие Российской Федерации в 2020 году). Ed. Osipova G. V. et al. Moscow, FNISTC RAS, 2020.

[6]New anxiety. How people’s psyche changed during the pandemic (Новая тревожность. Как изменилась психика людей во время пандемии). Foundation of Public Opinion. K-DIGEST, 20.11.2020. URL: https://covid19.fom.ru/post/novaya-trevozhnost-kak-izmenilas-psihika-lyudej-vo-vremya-pandemii.

[7]Shapiro, Carl, and Joseph E. Stiglitz. 1984. “Equilibrium Unemployment as a Worker Discipline Device.” American Economic Review 74: 433–44.

[8]Akerlof, George A. 1982. “Labor Contracts as Partial Gift Exchange.” Quarterly Journal of Economics 97: 543–69.

[9]  Kahneman, Daniel; Tversky, Amos (1979). “Prospect Theory: An Analysis of Decision under Risk”. Econometrica. 47 (2): 263–291.

[10]Akerlof, George A. 1982. “Labor Contracts as Partial Gift Exchange.” Quarterly Journal of Economics 97: 543–69.

[11]Leibenstein, Harvey. 1986. “Intra-firm Effort Decisions and Sanctions: Hierarchy Versus Peers.” In Benjamin Gilad and Stanley Kaish, eds., Handbook of Behavioral Economics, A:213–31. Greenwich, CT: JAI Press

[12]  Kaur, Supreet, Kremer, Michael, Mullainathan, Sendhil, 2010. Self-control and the development of work arrangements. The American Economic Review 100 (2), 624–628.

[13]Dunn, L.F. 1996. “Loss Aversion and Adaptation in the Labor Market: Empirical Indifference Functions and Labor Supply.” Review of Economics and Statistics 78: 441–50

[14]Kahneman, Daniel; Tversky, Amos (1979). “Prospect Theory: An Analysis of Decision under Risk”. Econometrica. 47 (2): 263–291.

[15]Fehr E., Schmidt K. M. A theory of fairness, competition, and cooperation //The quarterly journal of economics. – 1999. – Т. 114. – №. 3. – С. 817-868.

[16]Breza E., Kaur S., Krishnaswamy N. Scabs: The social suppression of labor supply. – National Bureau of Economic Research, 2019. – №. w25880.

 

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