Appalti: il principio del risultato, la novità

Il Codice Appalti 2023

Il nuovo Codice Appalti 2023 (d.lgs. 36/2023) si apre con l’enunciazione dei princìpi ispiratori e – in particolare – con quella che potrebbe rappresentare la novità più rilevante del nuovo impianto normativo: il principio del risultato. Ma dalle prime reazioni si stenta a percepirlo come una vera novità, si tende piuttosto ad inquadrarlo come la riproposizione formale di un principio immanente del quadro normativo sugli appalti, già in vario modo – sempre indirettamente – enunciato e declinato. 

L’art. 1 del decreto

L’art. 1, del d.lgs. 36/2023, sancisce che:

  1. Le stazioni appaltanti e gli Enti concedenti perseguono il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei princìpi di legalità, trasparenza e concorrenza.
  2. La concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti. La trasparenza è funzionale alla massima semplicità e celerità nella corretta applicazione delle regole del presente decreto, di seguito denominato «codice» e ne assicura la piena verificabilità.
  3. Il principio del risultato costituisce attuazione, nel settore dei contratti pubblici, del principio del buon andamento e dei correlati princìpi di efficienza, efficacia ed economicità. Esso è perseguito nell’interesse della comunità e per il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione europea.
  4. Il principio del risultato costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto, nonché per:
  5. a) valutare la responsabilità del personale che svolge funzioni amministrative o tecniche nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti;
  6. b) attribuire gli incentivi secondo le modalità previste dalla contrattazione collettiva.

Ma andiamo per ordine.

Appalti, cosa cambia?

Per la prima volta si supera l’impostazione tradizionale che inquadrava le normative sugli appalti come il baluardo a tutela della concorrenza, della massima partecipazione del mercato, della trasparenza; tutti princìpi fondamentali che oggi vengono messi al servizio dell’interesse pubblico, del raggiungimento degli obiettivi e delle esigenze della PA.

In un àmbito come quello degli appalti, in cui è fisiologicamente necessario contemperare interessi divergenti, coordinare e bilanciare princìpi posti a tutela di questi interessi, non solo entra formalmente in gioco un nuovo principio che attua, esplicita e in qualche modo estende quelli del buon andamento e del perseguimento dell’economicità, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, ma viene anche posto un gradino sopra gli altri, probabilmente perché gli potrebbe essere riconosciuta una derivazione costituzionale.

Il “principio guida” 

Ma il legislatore ha fatto ancora di più: ha espressamente posto la tutela della concorrenza e la trasparenza al servizio del perseguimento del miglior risultato possibile, in modo semplice e veloce.

In sostanza, quello del risultato è diventato, o meglio può diventare, il “principio guida” dell’intero sistema normativo, quello sulla base del quale dovranno essere interpretati i comportamenti e le scelte operate dai RUP e dalle stazioni appaltanti, nell’ambito dell’esercizio del loro potere discrezionale.

Nell’analisi dei casi concreti si dovranno prendere in considerazione più fattori, primo fra tutti l’effettivo e tempestivo conseguimento dell’obiettivo, potendo traslare in secondo piano il rispetto dei formalismi procedurali; potrebbe via via consolidarsi – giurisprudenza permettendo – una prevalenza della sostanza sulla forma che potrebbe essere un ottimo strumento di contrasto a quella che oggi viene definita “paura della firma”.

Non c’è dubbio che i giudici amministrativi, nell’analisi dei casi che saranno loro sottoposti, saranno chiamati alla graduazione e al bilanciamento dei diversi princìpi e degli obblighi previsti dai primi articoli del codice, ispirando il loro giudizio al riconoscimento del prioritario interesse pubblico del raggiungimento della finalità pubblica attraverso un appalto efficace e tempestivo.

Appalti, agire per il bene pubblico diventa un “obbligo” 

Questo anche nell’ambito della valutazione della responsabilità del personale che svolge funzioni amministrative o tecniche nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti. Proprio questa previsione potrebbe, infatti, rivelarsi particolarmente efficace per stimolare e supportare comportamenti coraggiosi dei RUP, che potranno finalmente sentirsi liberi di scegliere, di prendere decisioni e di condurre procedure verso la loro conclusione senza troppi timori di incorrere in violazioni procedurali o in possibili censure formali, a cui potrebbe associarsi una responsabilità personale.

Agire per il bene pubblico, nel tentativo di perseguire gli interessi della PA, sembra sia diventato un “obbligo” di legge, anche nell’ambito degli affidamenti di beni servizi e lavori.

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