Le politiche di coesione sono una priorità per l’Ue e per l’Italia

divari regionali

L’Unione europea ha da sempre posto la riduzione dei divari regionali tra i suoi principali obiettivi: un impegno tradotto in azioni che vanno dal livello comunitario a quello nazionale, attraverso la stipula degli Accordi di Partenariato con i singoli Stati membri e l’integrazione di risorse nazionali. In Italia, ad esempio, il Fondo Sviluppo e Coesione (FSC) rappresenta uno strumento fondamentale per perseguire questa missione. Oggi, mentre le risorse dell’Ue si muovono attraverso un piano finanziario più ampio che comprende tutti gli strumenti derivanti da NextGenerationEU, è essenziale valutare i risultati ottenuti e le sfide ancora irrisolte per il nostro Paese che, insieme a Spagna, Polonia e Romania, è tra i principali beneficiari delle politiche di coesione.

Il nostro Paese, insieme a Spagna, Polonia e Romania, è tra i principali beneficiari delle politiche di coesione

Analizzando gli ultimi vent’anni di programmazione e implementazione di quest’ultime, l’Istat ha recentemente mostrato quanto la dinamica di sviluppo per l’Italia sia stata complessa e frammentata. Il quadro che emerge vede infatti il nostro Paese intrappolato in un ciclo di sviluppo disomogeneo che minaccia la sua crescita economica e sociale. Un fenomeno, noto come “trappola dello sviluppo”, che mostra un divario sempre tra le regioni più avanzate e quelle con un Pil pro capite essenzialmente stagnante. Che l’Italia sia caratterizzata da importanti gap economici non sorprende: ciò che fa riflettere è che circa un terzo della popolazione italiana rientri nelle regioni categorizzabili nella “trappola”, e che persino le regioni più avanzate abbiano perso posizioni (in termini di Pil pro capite) rispetto al resto d’Europa. Una doppia velocità di divergenza, dunque, esogena ed endogena. Internamente, il divario tra le regioni italiane è in costante crescita, creando una disparità economica significativa, con lo svuotamento delle aree rurali. All’esterno, l’Italia sta perdendo terreno rispetto ad altre nazioni europee in termini di Pil pro capite, competitività e attrattività.

La demografia è tra le cause del divario regionale italiano insieme a occupazione e produttività

Le origini di tale dinamica sono complesse: se gli indicatori economici rischiano di offrire una visione parziale, esistono ulteriori variabili macroscopiche altrettanto importanti. Ad esempio, guardando al report Istat, anche la demografia si inserisce tra le principali cause insieme a occupazione e produttività. Nel nostro Paese la popolazione invecchia, l’occupazione è spesso precaria e instabile, la produttività rimane bassa: fattori che contribuiscono a un circolo vizioso in cui le regioni meno sviluppate faticano a competere e attrarre investimenti. I fondi per la coesione mirano proprio al recupero di tali divari, e l’attuale momento storico vede la fine della precedente programmazione 2014-2020 e l’avvio di quella 2021-2027. Tuttavia, alla fine dello scorso anno la spesa italiana complessivamente certificata alla Commissione europea è risultata pari a 35 miliardi di euro, poco più di metà delle risorse programmate. Ad oggi, siamo al penultimo posto in termini di risorse spese in Europa, davanti solo alla Spagna. Le risorse mancanti dovranno peraltro essere impegnate nel corso di quest’anno, aprendo uno scenario incerto, considerando i ritardi già presenti nel PNRR e la necessità di integrare le risorse che deriveranno dalla sua rimodulazione anche tramite gli stessi fondi di coesione.

Per colmare i divari territoriali bisogna integrare le risorse europee, nazionali e regionali adattandole alle esigenze dei nostri luoghi

Occorrono allora strategie mirate e rapide, con una visione di più lungo termine che guardi oltre la scadenza degli strumenti oggi a disposizione, al fine di garantire un avvicendamento delle fonti e dei programmi di investimento. Puntare ad esempio sull’attrattività dei territori, mirando all’incredibile effetto leva dei percorsi di reskilling e upskilling. In uno scenario che vede nuove dinamiche di crescita, guidate dalle transizioni verde e digitale, bisogna infatti garantire uno sviluppo e adattamento intelligente delle regioni attraverso piattaforme di networking che supportino le interazioni e lo sviluppo territoriale. L’obiettivo dovrebbe essere quello di integrare le risorse europee, nazionali e regionali adattandole alle esigenze e alle sfide dei nostri luoghi per implementare soluzioni su misura per affrontarle. Un impegno a lungo termine e una strategia coordinata possono aiutare a superare le sfide attuali e promuovere una crescita economica equa e sostenibile.

 
*Founder e Managing Director di Futuritaly, strategic advisor con lunga esperienza nel mondo pubblico e industriale.  
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