Luigi Campanella è un chimico. Già ordinario di Chimica Analitica all’Università Sapienza di Roma, oggi di Chimica dell’Ambiente dei Beni Culturali. È stato Presidente della Società Chimica italiana e Preside della Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali alla Sapienza di Roma. Esploriamo con il Prof. Campanella i temi della transizione ecologica legati all’utilizzo di idrogeno verde, e le sue ricadute in termini di sostenibilità e stili di vita.
Professor Campanella, che cos’è l’idrogeno verde e perché ha a che vedere con la transizione energetica sostenibile?
L’idrogeno è un elemento molto diffuso nella nostra galassia. Arriva a percentuali nell’ordine del 70% ma soffre di un problema, non è mai presente allo stato libero ma allo stato di composti; quindi, ovviamente, bisogna estrarlo. La sua estrazione richiede delle tecnologie che comportano spese energetiche e di conseguenza costi. Da qui gli aggettivi “colorati” che gli sono stati dati: nero, grigio, azzurro, verde. L’idrogeno verde è quello che prevede delle tecnologie di estrazione che siano quanto più sostenibili e ambientalmente compatibili. Tutto il contrario avviene ovviamente per quello nero. Le differenze si riflettono nei costi 2 euro a chilogrammo per questo, 7 euro a chilogrammo per quello.
Che differenza c’è con quello nero, ad esempio?
Per l’idrogeno nero, l’estrazione avviene da idrocarburi, quindi da fonti fossili. Invece nell’idrogeno verde vengono utilizzate tipologie in cui sono sempre in gioco energie rinnovabili, con impatto ambientale e carbonizzazione prossimi a zero, per eccellenza l’elettrolisi dell’acqua alimentata da fonti rinnovabili come solare, eolico, idroelettrico.
Due àmbiti dove l’idrogeno verde può essere effettivamente cruciale sono la mobilità sostenibile e il patrimonio edilizio. Cominciamo dall’impatto dell’idrogeno verde sul settore della mobilità sostenibile e sulle principali barriere alla sua diffusione.
Partiamo da un dato interessantissimo. Quanto costa a ogni italiano l’inquinamento con prevalenza da traffico, e quindi quanto paga per il fatto che passa delle ore nel traffico automobilistico e che comunque vive in un ambiente cittadino dove le concentrazioni di sicurezza degli inquinanti sono spesso superate? È stato valutato intorno ai 1.450 euro. Questo vuol dire che ogni italiano, a prescindere da quello che fa, spende 1.450 euro per questa situazione di inquinamento, collegata per un buon 40% al traffico automobilistico. Ciò deriva dal tipo di motore, il motore termico, e dalle emissioni ad esso collegate, non solo il gas serra primario, l’anidride carbonica, ma anche altri composti, come CO, benzene, idrocarburi policiclici, SO2, particolato atmosferico, tutti capaci ovviamente di impattare non solo sull’ambiente, ma anche sulla salute delle persone. Detto questo, noi dobbiamo pensare che la mobilità è sicuramente uno dei settori ai quali ci dobbiamo dedicare se vogliamo migliorare la qualità della vita. Ecco perché quando si parla di idrogeno verde, questo discorso si collega direttamente al problema della mobilità. Per la verità, negli ultimi tempi questo discorso si è ampliato perché si è pensato pure all’idrogeno in relazione all’alimentazione elettrica delle macchine. In questo caso, la mobilità sostenibile viene collegata al passaggio dal motore termico al motore elettrico e, quindi, alla possibilità di alimentare questo motore con le celle a combustibile, alimentate da idrogeno ed ossigeno.
E per il patrimonio edilizio?
Per quello che riguarda l’edilizia, noi stiamo vivendo un periodo in cui l’Europa fa proposte sul rinnovamento del parco per renderlo più sostenibile sia ambientalmente che energeticamente. Questo comporta un impegno notevolissimo in termini di costi per i legittimi proprietari e la possibilità di avere una risorsa energetica aggiuntiva a impatto zero, che quindi già risolve per sua natura il problema ambientale. È un supporto non secondario. Ovviamente l’idrogeno diventa un’opportunità. Tra le altre cose, l’idrogeno potrebbe anche essere il prodotto dell’applicazione dei pannelli solari per l’energia solare sui tetti delle case all’elettrolisi dell’acqua, con l’idrogeno in veste di forma di stoccaggio dell’energia solare accumulata in condizioni meteorologiche favorevoli.
Professore, molto spesso quando si parla di impatto delle nuove tecnologie, si richiamano gli impatti concreti sulle nostre vite. L’idrogeno è una di quelle tecnologie che farebbe cambiare di molto le abitudini delle persone?
Direi senz’altro di sì. Se partiamo dalle proprietà dell’idrogeno, possiamo capire perché l’idrogeno potrebbe avere questo impatto positivo di cui lei adesso parla. Vediamolo come una medaglia a due facce e parliamo della faccia positiva e della faccia negativa. La faccia negativa qual è? Intanto che non è presente libero in natura ma deve essere estratto, come avevo detto prima. Secondo: è un gas diffusivo, quindi che tende a espandersi. Questo ha anche un risvolto positivo, quando l’idrogeno deve essere veicolato attraverso tubazioni e percorsi guidati. Quanto agli aspetti positivi, possiamo ricordare che intanto l’idrogeno è presente in natura in grande quantità; poi, e soprattutto, il suo prodotto di combustione è l’acqua, quindi senza alcun problema di tipo ambientale. Infine, e viene poco citato, il suo valore di densità energetica è circa 3 volte quello della benzina. Questo valore deriva da un lato dal procedere per moli delle reazioni chimiche e dall’altro dal suo bassissimo peso molecolare, 2, da confrontarsi con quello della benzina, che è intorno a 100 (valore medio derivato da una composizione a più componenti) da cui derivano per la stessa massa. Ad esempio 1 kg, circa 10 moli di benzina e ben 500 di idrogeno, toglie qualunque discorso di inquinamento.
Molto interessante, Professore.
A me meraviglia molto di non leggere mai di questo aspetto che è fondamentale in quanto le reazioni chimiche sono regolate in funzioni delle moli, non delle masse e delle quantità. Non si dice “un chilogrammo di A reagisce con un chilogrammo di B”, si dice “N moli di A reagiscono con M moli di B”. il riferimento stechiometrico è la mole.
Professore, quando si parla di tecnologia a basso impatto è immediato parlare di decarbonizzazione. In quali settori l’idrogeno verde può impattare positivamente?
Se noi vogliamo guardare ai risultati concreti ottenuti, abbiamo quattro settori, di cui uno, recente, che è quello del sostegno alla mobilità portuale e marina, con investmenti in ben 25 porti del nostro Paese.
Di che progetto si tratta?
L’idrogeno diventa il combustibile unico di alimentazione consentendo una mobilità piena alle imbarcazioni, a cui oggi invece alcuni attracchi sono vietati perché imbarcazioni alimentate a gasolio. ll progetto prevede stazione di rifornimento di idrogeno in un certo numero di porti in modo da avere un’infrastruttura a disposizione. A questo progetto, praticamente molto recente, se n’è aggiunto un altro che riguarda le celle a combustibile: utilizzare le celle a combustibile come alimentatore elettrico e come forma di stoccaggio dell’idrogeno, quindi dell’energia. Quindi ci sono le due gambe del tavolo: quella del rifornimento, per consentire di sostituire l’alimentazione tradizionale con quella a idrogeno meno inquinante e più ambientalmente sostenibile, e quella delle celle a combustibile come forma di stoccaggio di energia.
Torniamo agli altri settori che ha citato prima in cui il ruolo dell’idrogeno verde è centrale.
Gli altri settori sono sicuramente la siderurgia, il cartario,la chimica per alcuni specifici prodotti, come ammoniaca ed alcool, e la mobilità. Ma qui passiamo ad un altro punto del problema: chi oggi in Italia è impegnato in questo settore, quello dell’idrogeno verde?
Chi lo è, Professore?
Abbiamo, per esempio, la “Hydrogen Mobility” che ha messo a punto una macchina ad idrogeno; abbiamo l’associazione “Idrogeno in Italia”, che ha messo insieme piccole imprese che da sole fanno fatica ad andare avanti e che, invece, insieme procedono meglio. Uno dei problemi importantissimi della ricerca sull’idrogeno è la scalabilità. Noi abbiamo ricerche molto buone a livello della scala laboratorio, ma non siamo in grado, oggi, di trasferirle a una scala superiore. Questo è un limite, ovviamente, della tecnologia che diventa un limite al trasferimento tecnologico: dalla ricerca alla pratica, all’industria, al mercato. Abbiamo un accordo recente tra Edison, Tenaris ed Eni per investire sull’idrogeno. Purtroppo quello che viene lamentato dalle imprese che lavorano sull’idrogeno è che vanno avanti con le risorse proprie, senza un sistema di incentivazione. Se a questo si aggiunge la mancanza di regole precise e di direttive che possono derivare dal rapporto con il mercato europeo e con il mercato internazionale, allora si ha una specie di gap, un collo di bottiglia da dover superare. Oggi Toyota, Hyunday, Nissan lavorano perché i 12.000 autoveicoli ad idrogeno di oggi diventino i programmati 2,5 milioni del 2050, abbattendo quindi i costi produttivi. Con il PNRR anche in Italia qualcosa si muove, tenuto conto che fino all’anno scorso progetti e start-up ad idrogeno nel nostro Paese erano caratterizzati da numeri, 200 ed 8 rispettivamente, nettamente inferiori a quelli inglesi, tedeschi e francesi. Al tema idrogeno il PNRR ha riconosciuto 4 miliardi dei quali oltre la metà assegnati.
Il 6 marzo scorso, presso il Senato della Repubblica, si è svolto il Workshop – supportato anche dall’Eurispes – dal titolo: “Idrogeno verde, transizione sostenibile, scienza tecnologie in imprese italiane a confronto con il mondo politico, prospettive, futuro e per l’Italia all’Europa”. Che cosa è emerso?
Guardi, una medaglia a due facce anche in questa circostanza. Da una parte lamentele perché manca una politica dell’idrogeno anche se le capacità imprenditoriali e tecniche ci sarebbero. Dall’altra è emerso che si sta innovando, anche per quanto riguarda l’idrogeno, rispetto alle linee tradizionali. Si è discusso delle innovazioni innovative. Alcune, proprio in Italia, sono state sviluppate attorno all’idrogeno blended, cioè mescolato con il metano, e quindi con una formula nuova. C’è poi Il tema dei catalizzatori elettrolitici capaci di rendere più conveniente economicamente la produzione di idrogeno eletrolizzando l’acqua: ci si basa su materiali elettrodici capaci di abbattere qualsiasi forma di sovratensione nell’elettrolisi dell’acqua, che resta la forma più verde di produzione dell’idrogeno. L’elettrolisi dell’acqua presuppone ovviamente un potenziale applicato ai due elettrodi: su uno si sviluppa ossigeno e su uno si sviluppa idrogeno. La natura di questi elettrodi è fondamentale, perché sappiamo che le sovratensioni, cioè le resistenze che si creano nei circuiti di elettrolisi, comportano spese e costi. La Denora era un’impresa italiana di eccellenza in questo settore, antesignana in Europa sullo studio dei catalizzatori elettrodici. Sono tutte linee che in questo convegno sono emerse e che dimostrano la vivacità del settore anche in Italia.
Che tipo di player è l’Italia, su questi temi, nel panorama europeo e globale?
Purtroppo le devo dare una brutta notizia. Ho appena visto una statistica che ho già citato prima e ci dice che le start-up sull’idrogeno in Italia sono le minori, come numero, rispetto alle Europa e anche, purtroppo, i progetti sull’idrogeno non sono più di 200, pochi rispetto alla media europea ed ai valori in Inghilterra, Germania. Ancorché noi disponiamo delle capacità tecniche, non abbiamo le capacità realizzative. Per questo le dicevo della speranze nel PNRR, perché per la prima volta c’è stato uno stanziamento di risorse, un segnale che in passato purtroppo non vi è stato. Il traguardo secondo il quale nel 2050 l’idrogeno dovrebbe rappresentare il 25% delle risorse energetiche europee per l’Italia sembra attualmente abbastanza lontano. Il limite è sempre quello dei costi: oggi l’idrogeno verde costa più o meno 7 euro a chilogrammo, cioè 3 volte di più rispetto all’idrogeno nero, che costa all’incirca 2 euro a chilogrammo. Ecco perché le imprese chiedono un aiuto.
Professore, si rivolga all’opinione pubblica. Quali sono le argomentazioni più forti per far capire il valore dell’idrogeno verde?
È molto semplice promuovere l’idrogeno presso l’opinione pubblica. L’idrogeno è l’unico combustibile che può produrre energia avendo l’acqua come emissione. Anche un cittadino non addetto ai lavori capisce immediatamente che stiamo parlando di una risorsa che non si può confrontare con altre che producono inquinanti vari, a parte la CO2, come CO-Benzene, idrocarburi policiclici aromatici, ossido di carbonio particolato atmosferico ed altro ancora.
La ringrazio moltissimo, Professore, anche a nome dell’Eurispes.
La ringrazio molto anch’io. È stata una bella chiacchierata, anche per le sue domande che hanno stimolato delle risposte, spero interessanti. Saluti gli amici dell’Eurispes e in particolare Marco Ricceri, che è un amico da tempo. Eravamo con i pantaloni quasi corti, pensi un po’.