Dall’insularità derivano svantaggi; il nuovo sesto comma dell’art. 119 Cost. è chiaro in tal senso. Ma in cosa si traduce l’impegno a promuovere misure utili a rimuovere questi svantaggi? Ad oltre un anno dalla reintroduzione del principio di insularità nella Costituzione sembra solo essersi riaperto il dibattito, mentre sono pochissime le occasioni in cui si è tentato di individuare strumenti concreti.
Serve più concretezza per i fondi destinati all’insularità
Il primo intervento in ordine temporale è stato previsto dalla legge di bilancio 2023 (l. n. 197/2022) che ha istituito una Commissione parlamentare bicamerale per il contrasto degli svantaggi derivanti dall’insularità ed ha creato 2 fondi: a) il fondo nazionale, appunto, per il contrasto agli svantaggi derivanti dall’insularità con una dotazione di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023-2024-2025 e b) il fondo per garantire un completo ed efficace sistema di collegamenti aerei da e per la Sicilia e la Sardegna, con una dotazione di 8 milioni di euro per l’anno 2023 e di 15 milioni di euro a decorrere dall’anno 2024. Nello specifico, questo fondo è destinato al finanziamento di interventi per le mobilità dei cittadini residenti nelle due isole maggiori. È trascorso, però, ormai un anno e non vi è traccia del decreto ministeriale, atteso entro febbraio 2023, che avrebbe dovuto stabilire modalità e criteri per il suo utilizzo. Sulle norme che istituiscono questo fondo pende inoltre giudizio di legittimità costituzionale, promosso dalla Regione Sardegna, in discussione all’udienza del prossimo 19 marzo.
Il fondo nazionale per l’insularità e quello per i collegamenti da e per Sicilia e Sardegna stentano a decollare
A maggio 2023 è stato convertito in legge il d.l. n. 34/2023 il quale ha istituito un fondo (2 milioni di euro per il 2023) volto a sostenere le imprese a forte consumo di energia elettrica presenti nelle regioni insulari. Solo a fine dicembre è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale (n. 298 del 22.12.2023) il decreto del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) che individua i beneficiari e stabilisce modalità di utilizzo del fondo, salvo rinviare ad un successivo provvedimento l’individuazione degli schemi per la presentazione della domanda e, in ogni caso, subordinare l’operatività delle disposizioni alla notifica alla Commissione Europea ed alla successiva approvazione del regime di aiuti da parte della Commissione stessa. In sostanza, potremmo dire nulla di concreto. Nel caso specifico l’urgenza è nei fatti poiché sono beneficiarie del fondo le imprese che hanno già attivo un tavolo di crisi presso il MIMIT e che, evidentemente, hanno incontrato già ulteriori difficoltà oltre a quelle derivanti dall’insularità.
Una sezione specifica del piano ZES è dedicata a investimenti e interventi per ridurre gli svantaggi dell’insularità
Nel novembre 2023, in occasione dell’istituzione della Zona Economica Speciale unica per il Mezzogiorno, è stato precisato che una sezione specifica del piano strategico della predetta ZES sia dedicata «agli investimenti e agli interventi prioritari, necessari a rimuovere, in coerenza con quanto previsto dall’articolo 119, sesto comma, della Costituzione, gli svantaggi dell’insularità, nelle regioni Sicilia e Sardegna». Questo intervento, rispetto ai precedenti, sembra esser ancor più solo programmatico in quanto mira a redigere una relazione sugli investimenti e sugli interventi prioritari per le isole maggiori, senza declinare ulteriori aspetti maggiormente operativi.
Nella legge di bilancio 2024 le Regioni insulari continuano ad essere accomunate a quelle del Mezzogiorno
Nessuna previsione specifica è prevista nella legge di bilancio 2024; le Regioni insulari continuano ad essere accomunate a quelle del Mezzogiorno. È il caso dell’autorizzazione di spesa, pari a 40mln di euro per il 2025, destinata alle istituzioni scolastiche statali del c.d. “Sud e Isole” al fine di ridurre i divari territoriali, contrastare la dispersione scolastica e l’abbandono precoce, nonché prevenire processi di emarginazione sociale (comma 329 l. n. 213/2023). Luci ed ombre, infine, nel bilancio di previsione 2024 della Presidenza del Consiglio dei Ministri in cui per il fondo per l’insularità si conferma la dotazione di 2 mln €, mentre si elimina la dotazione di 1,5 mln € a favore delle isole minori. Si aumenta, invece, alimentando con 10 mln €, il fondo per le aree svantaggiate confinanti con le Regioni a Statuto Speciale, fondo che, dal 2007, è rivolto unicamente alle zone attigue a Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia.
La spesa e i progetti per le isole minori
Tutti questi interventi non sembrano sinora essere stati in grado di individuare adeguate misure di compensazione utili a mitigare gli svantaggi dello status insulare. Quanto, invece, ai progetti, essi riguardano unicamente le isole c.d. minori. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) destina ad esse (ed in particolare alle 19 non interconnesse) una componente specifica (investimento 3.1: Isole verdi) della missione 2 (Rivoluzione verde e transizione ecologica). Così al fine di «garantire una transizione equa e inclusiva a tutto il territorio italiano su temi di bioeconomia e circolarità, verranno avviate azioni integrate per rendere le piccole isole completamente autonome e green, consentendo di minimizzare l’uso di risorse locali, di limitare la produzione di rifiuti e di migliorare l’impatto emissivo nei settori della mobilità e dell’energia». Il decreto del Ministero della Transizione Ecologica n. 390 del 25.11.2021 ha fissato i criteri per la ripartizione dello stanziamento di 0,2 mld €. Il PNRR intende anche dotare 18 isole minori di un backhauling sottomarino in fibra ottica (Piano “Collegamento isole minori”) per migliorare i collegamenti esistenti e rispondere alle crescenti esigenze di connettività BUL delle famiglie, imprese ed enti presenti e «favorire la nascita di nuove esperienze turistiche/culturali, bilanciare i flussi turistici in modo sostenibile (overtourism), sostenere la ripresa dello sviluppo e delle attività turistico-culturali nelle isole minori, in quanto aree particolarmente fragili e distribuite in ampia parte del territorio nazionale».
Isole minori, favorire la nascita di nuove esperienze turistiche e culturali come alternativa all’overtourism
Dal 2022 le isole minori hanno assunto una specifica collocazione all’interno della Strategia nazionale delle aree interne (SNAI) costituendo la 73° area interna ultra-periferica, nominata “Progetto speciale isole minori”. Applicando, infatti, gli stessi criteri con cui sono state selezionate le aree interne della terraferma, la maggior parte delle isole minori è risultata area ultra-periferica in quanto dista dal polo (Comune dotato dei servizi essenziali – scolastici, sanitari e di trasporto ferroviario – più vicino) oltre 75 minuti. Il finanziamento previsto (11,4 mln €) è a beneficio dei 35 Comuni delle isole minori (facenti capo a 7 Regioni). Con delibera CIPESS (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile) n. 42 del 02.08.2022 è stabilito che gli interventi saranno riferiti principalmente all’implementazione dei servizi di istruzione e salute e ai servizi ecosistemici. Si tratta in entrambi i casi di previsioni, antecedenti la re-introduzione del principio di insularità in Costituzione, che pongono l’attenzione sulle isole minori dove vivono oltre 200.000 italiani. A questi territori è dedicata anche una apposita sezione del Piano del mare 2023-2025 approvato lo scorso 31 luglio. Il Ministro per la protezione civile e le politiche del mare ha – da ultimo – confermato l’attenzione alle isole minori avendo dato notizia dell’apertura di un bando con 100 milioni di euro destinati ad interventi di prevenzione del rischio sismico su edifici ed infrastrutture pubblici presenti in queste aree.
È necessario domandarsi se i fondi rappresentino una risposta al problema dell’insularità quando mancano strumenti per impiegarli e spenderli
Più in generale appare necessario domandarsi se i fondi rappresentino la risposta migliore al problema dell’insularità. I dati sull’attuazione della politica di coesione mostrano, a livello nazionale, una pessima performance. Tra gli Stati membri Ue, l’Italia è al secondo posto in termini di risorse assegnate (oltre 64 mln di euro) ma al penultimo in termini di risorse spese, con una percentuale pari a circa il 60% del programmato (contro una media europea dell’80%). Ciò ha costretto il Ministro per gli Affari europei, per le politiche di coesione e per il PNNR ad evidenziare la necessità di una inversione di rotta nella fase conclusiva (entro il 31.12.2023) del periodo di programmazione 2014-2020.
Tra le Regioni, il ritardo significativo è di quelle meno sviluppate o in transizione e, quindi, di tutte le aree insulari del Mezzogiorno. Il quadro che emerge è implicante; a queste Regioni – e nello specifico a quelle insulari – probabilmente non servono solo le risorse ma anche gli strumenti per impiegarle e spenderle. Potrebbe, ad esempio, essere utile, sul modello di alcune isole greche e croate, la creazione di agenzie di assistenza tecnica alle autorità locali isolane. L’obiettivo? Coadiuvare gli uffici anche nella partecipazione a progetti (nazionali ed europei) per i quali sono richieste specifiche competenze, spesso non presenti negli organici degli enti amministrativi insulari, soprattutto minori.