Le domande inevase sul Covid

Covid

Il primo ostacolo da superare è una sorta di ritrosia emotiva a ricordare giorni tremendi. La memoria fatica a recuperare le prime settimane di Covid all’inizio del 2020 e il lungo periodo di lockdown. C’è una resistenza psicologica, quasi un ritegno morale. Perciò l’inchiesta giudiziaria di Bergamo sulle vicende accadute in alcune zone della Lombardia e il dibattito che ne è seguito hanno il sapore di un difficile ritorno al passato. La situazione provoca sensazioni contrastanti. Non è facile compiere balzi all’indietro e siamo più propensi a guardare avanti. Eppure, avvertiamo che non possiamo dimenticare. Ci sono accadimenti da mettere in ordine, domande di comprensione, esigenze di confronto. La coscienza suggerisce che, dopo quanto trascorso, rimane comunque un obbligo di chiarezza. Verso i singoli e la collettività. E si apre il dilemma: come farlo al meglio, quali sono le strade più utili?

Le inchieste in corso coinvolgono gran parte del Governo dell’epoca 

Siamo presi tutti in contropiede, sul piano emotivo oltre che razionale, per via delle notizie sull’indagine penale che porta all’incriminazione di gran parte del Governo dell’epoca e di molti amministratori locali. Non una cosa da poco, come del resto il senso dell’inchiesta: fare il punto su quanto accaduto in quel periodo, errori, manchevolezze, ritardi, incomprensioni, contrasti. Accade mentre c’è un calo di tensione su questi problemi, ci stiamo occupando d’altro e siamo proiettati verso un pensiero diverso, le misure del Governo su autonomia differenziata e fisco, l’opposizione alla ricerca di una rotta efficace, il cantiere possibile della sinistra a guida Elly Schlein, e poi l’emozione per la strage dei migranti a Cutro, pagina epica della disperazione che attraversa il mondo. La reazione di incredulità verso questa indagine, persino lo scetticismo, sconta un contraccolpo psicologico. È comprensibile che, a distanza di tempo e presi da altro, sia complicato ricordare fatti, eventi, persone. Innanzi tutto sul piano emotivo. Eppure, quel bagaglio di conoscenze, con i dettagli e i singoli passaggi, è necessario oggi più che mai, per guardarsi intorno, oltre che per qualche riflessione sull’inchiesta penale.

Covid, il bilancio mondiale indica 676 milioni di positivi e 7 milioni di morti

È vero. Non siamo più nello stato d’animo che un tempo giustificava le precauzioni sanitarie: mascherine, aereazione dei locali, igiene delle mani, divieto di assembramento e obbligo di isolamento. È stato così difficile e faticoso cercare di venir fuori dalla tragedia. Il bilancio mondiale di tutti i paesi coinvolti, elaborato ad oggi dalla Johns Hopkins University di Baltimora in Usa indica 676 milioni di positivi, 7 milioni di morti. L’animo prova sollievo per il ritorno alla normalità, che fino a poco tempo fa sembrava improbabile, almeno a breve. Le fatiche possono aver generato la convinzione che, superato il peggio, le cose terribili non ci appartenessero più, quindi non fosse più necessario interrogarsi. Ci sono anche tante altre ragioni per cui la gente è restia a ripercorrere gli eventi che hanno mostrato la nostra precarietà, e quanto, come organizzazione statale, fossimo impreparati di fronte all’imprevisto. Se è comparso qualcosa di eccezionale, è arduo oggi dargli una “forma” ragionevole, secondo logica e buon senso. Come se esistesse un ragionevole schema capace di racchiudere quel tempo sconfinato, uguale a sé e incomprensibile.

Rimangono le domande su quanto è stato fatto e su quello che avrebbe potuto evitare tante morti di Covid

Accanto alle inquietudini sociali, al sovvertimento delle abitudini, al cambio di prospettive, ci sono, a fare la differenza, motivazioni personali. La diversità delle storie individuali segna una linea di demarcazione. Non è andata per tutti allo stesso modo, questo va detto. Chi ha attraversato quella primavera e i mesi successivi senza perdite, lutti, disagi, salvandosi dal peggio, potrebbe persino conservare sensazioni positive. Sarebbe allora possibile pensare a quel tempo come a un periodo in fondo tranquillo quanto insolito, e prodigo di scoperte positive. Certi intervalli temporali rispetto allo stordimento sociale, il ripiegamento su sé stessi per scoprire silenzi generosi di novità e recuperare interessi trascurati. Per la maggior parte, è stato fortunatamente così, trauma senza danno. Ma un gruppo di persone, specie al Nord e in particolare il Lombardia, ha vissuto un’esperienza ben diversa. Contrassegnata dalla scomparsa di parenti ed amici, dalla perdita di affetti e legami. In un contesto di desolazione e smarrimento. Senza la possibilità consolante di accompagnare le persone care nell’ultimo tratto, e l’opportunità di elaborare il lutto. Per queste persone, le più colpite e sofferenti, nulla è davvero trascorso né può dirsi superato. Rimangono le domande su quanto è stato fatto, e su quello che avrebbe potuto evitare tante morti.

Analizzare il passato con le conoscenze scientifiche di oggi

Gli interrogativi sulle modalità di diffusione e contrasto della pandemia sono esattamente il cuore dell’inchiesta penale appena conclusasi. A conclusione, sono state riscontrate «criticità» in virtù di «valutazioni scientifiche, epidemiologiche, di sanità pubblica, sociologiche e amministrative». Si vedranno gli sviluppi, e ancor più gli esiti giudiziari. Le prime osservazioni sull’inchiesta evidenziano lo stesso fattore, che è di non poco conto: l’incertezza (difficoltà) di una valutazione di tipo retroattivo, fatta a distanza di tempo e dopo che tutto è accaduto. Non solo, ma compiuta sulla base di conoscenze scientifiche differenti tra l’oggi e il passato. Sarebbe allora difficile trovare responsabilità (soprattutto penali) in una fase nella quale il virus era sconosciuto e mai affrontato prima, e la situazione era necessariamente nuova e mai sperimentata. ll “senno di poi” è discutibile metro di giudizio, le valutazioni andrebbero rapportate allo stato delle conoscenze dell’epoca, alla situazione data. Di fronte al nuovo, all’ignoto, sono inevitabili il tentativo, l’approssimazione, l’incertezza. È una considerazione ragionevole e convincente, a condizione però che non esaurisca la riflessione, non metta a tacere la ricerca di verità.

Il tasso di mortalità poneva l’Italia al 3° posto nel mondo nel 2020 ad inizio della pandemia

Partendo dalla fine, non andrebbe dimenticato lo straordinario sforzo del Paese tutto, dalle Istituzioni ai cittadini. Quel popolo, rimasto ligio alle prescrizioni sanitarie, nonostante la nomea di gente irrequieta e disordinata. Quell’apparato sanitario, che, spesso numericamente insufficiente, ha fatto tutto e di più per contrastare il virus e salvare vite umane. Non va dimenticato che il tasso di mortalità poneva l’Italia al 3° posto nel mondo nel 2020 ad inizio della pandemia, ma registrava un enorme miglioramento nell’anno successivo quando il Paese era al 53° posto. Però rimangono aperte questioni gravi: la prevedibilità di eventi così vasti e disastrosi; la cultura della prevenzione; l’organizzazione delle misure anti contagio; il coordinamento Stato-Regioni in materia sanitaria. Sono davvero tante le domande inevase a fronte di lacune e insufficienze, errori e ritardi. Una vastità di problemi che impone anche un interrogativo di metodo: qual è l’approccio più adatto per la complessità e la natura dei fatti da esaminare.

Come spesso accade in Italia davanti a questioni immense, il rischio è la confusione tra i piani di riflessione. Il problema principale è se le domande doverose appartengano alla categoria del diritto penale, oppure ad altri schemi, classi di riflessioni, specializzazioni professionali. Qual è l’ambito di riferimento di simili questioni? Certo, possono esserci stati comportamenti illeciti, riferibili a singoli, però quest’ottica di indagine potrebbe essere limitativa e deludente. Difficile che un giudizio controfattuale – azionabile solo su singoli casi ‒ possa dimostrare che, diversamente operando, tanti morti sarebbero stati evitati. E poi, a complicare la ricostruzione, ci sono: vastità del fenomeno, molteplicità degli interventi, sovrapposizione delle competenze. Cioè la molteplicità dei fattori. Il processo penale può essere via impervia di accertamento, in contesti caratterizzati da tante vittime diffuse.

Il Covid ha mostrato i limiti organizzativi del sistema sanitario 

Una grossa difficoltà – nel contrasto alla pandemia ‒ è coincisa con una forma di resistenza, neppure velata, all’adozione di misure drastiche contro la diffusione del contagio, specie in contesti produttivi avanzati come al Nord. La volontà comprensibile di salvaguardare la normalità socio-economica del Paese si è contrapposta alla necessità di misure restrittive. E non è mancata anche, a livello psicologico, la difficoltà di accettare come reale l’enormità della catastrofe in corso. A tutto ciò, si è aggiunta la scarsità delle competenze specifiche della politica e dell’Amministrazione in materia di salute pubblica. Mancava un metodo di raccolta e studio delle informazioni in materia, difettava la propensione a consultare le voci della scienza. Soprattutto, dopo anni di disattenzione culturale e assenza di investimenti economici, il sistema sanitario ha mostrato limiti organizzativi. In molte zone, è parsa evidente l’inadeguatezza delle strutture a livello di base. La divaricazione delle competenze tra Stato e Regioni ha evidenziato problemi di coordinamento che alla fine sono risultati decisivi. La pandemia ha accentuato difetti dovuti a mancanza di risorse e piani di azione.

Quale che sia il risultato dell’indagine penale, bisognerebbe avere consapevolezza del confine che separa la commissione di un reato dalla gestione della cosa pubblica. Questa distinzione non chiude porte, ma ne apre tante, forse persino più adatte ad affrontare la natura dei problemi emersi. Serve moltiplicare gli sforzi di chiarezza, accrescere le possibilità di risposta. È importante sapere quale approccio adottare, come muoversi, affinché i risultati siano coerenti con le nostre aspettative.

Leggi anche

Ultime notizie
corse
Intervista

L’insularità possibile: il caso Corsica. Intervista a Marie-Antoinette Maupertuis, Presidente dell’Assemblea corsa

La Corsica è uno dei modelli europei in merito all’insularità e alle iniziative intraprese per favorire la coesione territoriale e l’autonomia fiscale necessaria per l’economia corsa, dinamica ma gravata da una “crescita depauperante”. Ne parliamo con l’Onorevole Marie-Antoinette Maupertuis, economista e Presidente dell’Assemblea della Corsica.
di Daniela Pappadà
corse
corse
Osservatori

Insularité possible: le cas de la Corse. Entretien avec Marie-Antoinette Maupertuis, Présidente de l’Assemblée de Corse

Insularité possible: entretien avec l’Honorable Marie-Antoniette Maupertuis, Presidente de l’Assemblee de Corse.
di Daniela Pappadà
corse
intelligenza
Intervista

Intelligenza artificiale e regole: serve un impegno dell’Unione sui diritti sostanziali

Intelligenza artificiale e diritto, ne parliamo con Giusella Finocchiaro, Professoressa ordinaria di diritto privato e diritto di Internet all’Università di Bologna. Per non cadere in un rischioso processo di “burocratizzazione digitale” bisogna partire da elementi culturali prima che giuridici, senza perdere di vista i princìpi.
di Massimiliano Cannata
intelligenza
Sicurezza

Tecnologia, sicurezza e istruzione: intervista a Nunzia Ciardi, Vice Direttore Generale dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale

La tecnologia è entrata di forza nella scuola grazie alla DAD, che in pandemia ha permesso a milioni di studenti di seguire le lezioni da casa. Bisogna continuare su questa strada e sfruttare le potenzialità offerte dalla tecnologia in àmbito scolastico e formativo secondo la dott.ssa Nunzia Ciardi, Vice Direttore Generale dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale.
di Massimiliano Cannata
scuole italiane
Immigrazione

Scuola e cittadini italiani di domani

La questione della presenza degli stranieri nelle scuole implica un’ambivalenza di obiettivi: migliorare la qualità dell’istruzione a prescindere dalla discendenza, oppure comprimere il diritto costituzionale all’apprendimento. La scuola deve avere una funzione di istruzione e integrazione sociale.
di Angelo Perrone*
scuole italiane
insularità
Intervista

Insularità e perifericità: costi e correttivi nell’intervista al Prof. Francesco Pigliaru

L’insularità si lega spesso all’idea di una compensazione economica, ma bisogna distinguere tra condizioni di prima e seconda natura legate all’insularità, come spiega il Prof. Francesco Pigliaru nell’intervista dedicata al tema delle isole e della continuità territoriale.
di redazione
insularità
insularità
Intervista

Il diritto costituzionale all’insularità: intervista al Prof. Tommaso Edoardo Frosini

Il professor Tommaso Edoardo Frosini, Ordinario di diritto pubblico comparato nell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, evidenzia le attinenze tra diritto costituzionale all'insularità e uguaglianza, così come sancito dalla nostra Costituzione, e individua trasporti e digitale come i settori nei quali investire per le isole.
di redazione
insularità
medici
Sanità

Sanità a rischio, pesa la carenza di medici e l’assenza di chirurghi

Sanità a rischio: dalla carenza di medici all’assenza di chirurghi. Questo sarà il prossimo futuro senza una programmazione “a monte”, e l’aumento dei posti in Scuola di Specializzazione non è sufficiente a risolvere la carenza di personale medico.
di ROCCO LEGGIERI*
medici
l'algoritmo d'oro e la torre di babele
Diritto

L’algoritmo d’oro e la torre di Babele

“L’algoritmo d’oro e la torre di Babele” di Caterina e Giovanni Maria Flick è un saggio sugli effetti della tecnologia sulla nostra civiltà, con un invito alla conservazione dell’umano e alla sua conciliazione con il progresso tecnologico.
di Ilaria tirelli
l'algoritmo d'oro e la torre di babele
Istruzione

Scuola, più fondi e voglia di futuro: intervista a Ivana Calabrese

Nell’àmbito del Secondo Rapporto su Scuola e Università dell’Eurispes, dialoghiamo con Ivana Calabrese di Ashoka sul tema dell’Istruzione in Italia, ma innanzitutto sul futuro di una istituzione che passa attraverso docenti capaci e fondi per l’innovazione.
di Massimiliano Cannata