Guardando al nostro Paese come a un sistema organico di diversità culturali, sociali ed economiche – un vero e proprio Sistema-Italia – emerge come ogni territorio esprima una propria identità che va ben oltre le peculiarità geografiche. Si tratta di un “tesoretto” composto anche e soprattutto da know-how, specializzazione artigianale, patrimonio artistico-culturale, filiere industriali.
Nel DDL Montagna viene riconosciuta la strategicità delle zone montane anche in relazione all’interesse nazionale
Negli ultimi decenni si è assistito a un cambiamento significativo nell’approccio adottato dalle politiche pubbliche, con un’importanza sempre maggiore che viene attribuita alle singole specificità come leva per promuovere lo sviluppo nazionale. Alle policies standardizzate si stanno affiancando percorsi di sviluppo place-based che mirano invece a utilizzare risorse e competenze locali per promuovere l’innovazione, la crescita e la creazione di valore aggiunto. Ne è un esempio recente il Disegno di Legge Montagna, presentato lo scorso 24 ottobre dal Ministero per gli affari regionali e le autonomie. Nel riconoscimento della strategicità delle zone montane anche in ottica di interesse nazionale, l’obiettivo è quello di tutelarne la salute, il patrimonio naturale e paesaggistico, salvaguardandone al contempo le peculiarità economiche, storiche, culturali e linguistiche, con una dotazione di 90 milioni di euro già dal prossimo anno e oltre 100 milioni dal 2025. Bisogna infatti considerare che su quasi 8000 Comuni presenti in Italia, più di 3500 sono in territori montani, che ricomprendono anche straordinarie risorse naturali. Ad esempio, basti pensare che queste aree accolgono il 71,7% degli impianti idroelettrici, quasi un terzo del nostro fabbisogno energetico.
Sistema-Italia, diversificare le politiche in un’ottica di coesione nazionale
È quindi evidente come la diversificazione delle politiche, efficacemente integrate in più ampi piani nazionali, possa contribuire a rendere il Paese maggiormente resiliente alle ormai costanti evoluzioni degli scenari. La previsione di tavoli di lavoro e di piattaforme di monitoraggio dei risultati – alcuni degli aspetti chiave del nuovo “metodo PNRR” – può inoltre garantire che tali policy siano allineate alle reali esigenze delle comunità locali, ed inserite nel più ampio contesto nazionale e internazionale di sviluppo guidato dalla transizione verde e digitale. In questa direzione, già lo scorso anno l’ottava Relazione sulla Coesione Economica, Sociale e Territoriale della Commissione Europea aveva sottolineato la necessità di “completare le politiche strutturali a livello nazionale con politiche basate sul territorio”. Il nostro Paese, grazie alla complementarietà tra fondi europei e nazionali per le politiche di coesione, può contare oggi su oltre 75 miliardi di euro nel ciclo 2021-2027. Per un utilizzo efficiente ed efficace di queste risorse, sarà importante far sì che dai tavoli di lavoro diffusi emerga una sintesi qualitativa e quantitativa di tutti i possibili aspetti che caratterizzano le realtà locali, al fine di mappare ambiti di intervento su cui calibrare e ricalibrare le politiche di sviluppo. Si tratta di un compito non semplice e di non immediata realizzazione, che deve avere come obiettivo la costruzione di un tessuto economico resiliente capace di far leva sulle ricchezze e sulle potenzialità uniche di ciascun territorio italiano.
*Founder e Managing Director di Futuritaly, Strategic advisor con lunga esperienza nel mondo pubblico e industriale.