Nel biennio 2020-2021, complice il rallentamento della crescita economica in molti paesi del continente africano, è stato registrato un generale incremento delle manifestazioni di protesta. Secondo i dati riportati dall’Armed Conflict Location and Event Data (ACLED) tra il 2018 e il 2021 le manifestazioni di protesta, sia pacifiche sia violente, nel continente africano hanno conosciuto un incremento del 132%. Tra i fattori che hanno favorito la progressiva diffusione delle proteste e la nascita di movimenti di contestazione strutturati si annovera l’ampio ricorso dei gruppi di protesta ai social media per l’organizzazione e la documentazione delle manifestazioni, le raccolte fondi ed una capillare e globale diffusione delle proprie rimostranze.
I giovani africani e i social media
I social media (Facebook, Twitter, Instagram, WhatsApp, TikTok) ricoprono oggi un ruolo centrale nella strutturazione di movimenti di protesta organizzati a diverse latitudini del continente africano. Tale fenomeno può essere compreso attraverso due elementi, il primo di carattere infrastrutturale, il secondo di carattere demografico. L’Africa è difatti la terza regione al mondo per utenti Internet, dato possibile in gran parte grazie all’evoluzione delle reti dati mobili che consentono un accesso rapido ed economico alla rete Internet tramite l’utilizzo di uno smartphone. Oggi, le reti mobili in tutto il continente contano oltre 300 milioni di utenti, pari a oltre la metà degli utenti Internet continentali. L’elemento demografico, ovvero la ridotta età media del continente (pari a 19,7 anni), e la familiarità che la popolazione giovane ha con i social network hanno facilitato l’impiego degli stessi come uno strumento funzionale alla definizione e alla gestione dei movimenti di protesta popolari. In Nigeria, ad esempio, l’età media della popolazione è di 18,4 anni, meno della metà di quella italiana (45,5 anni) e sebbene circa il 70% della popolazione abbia un’età inferiore ai 30 anni, tale fascia demografica da un lato non è adeguatamente coinvolta e rappresentata nelle contrattazioni politiche e sociali; dall’altro, è quella che è maggiormente colpita dalla disoccupazione e dal carovita. La marginalizzazione politica, economica e sociale dei giovani e l’aumento del costo della vita sono alcuni dei fattori che tendenzialmente hanno alimentato i movimenti di protesta giovanili nel continente africano nell’ultimo biennio. Il disagio vissuto dalle fasce più giovani della popolazione ha trovato nei social media un’efficace cassa di risonanza, elemento che ha contribuito in misura significativa alla costituzione di movimenti di protesta strutturati.
Le proteste ispirate a Hong Kong e Black Lives Matter
L’efficacia dei social media nella definizione di un movimento di protesta organico era stata osservata già in precedenza nei moti di protesta di Hong Kong (2019-2020) e nel movimento statunitense, cui alcuni dei movimenti africani si sono parzialmente ispirati, del Black Lives Matter. In entrambi i casi, le piattaforme social sono state impiegate per l’organizzazione delle manifestazioni da un punto di vista logistico, per la diffusione del proprio messaggio di propaganda e per la raccolta di fondi per finanziare le proteste. Tali elementi, comuni a numerosi movimenti di protesta dell’Africa Sub-Sahariana, tra il 2020 e il 2021 hanno favorito il rafforzamento e la diffusione anche mediatica di gruppi di protesta strutturati. Il successo mediatico di molti movimenti di protesta dell’ultimo biennio nel continente africano appare quindi strettamente interrelato all’ampio ricorso ai social media che hanno permesso la diffusione di immagini, video e slogan a livello internazionale e coinvolto a più livelli personalità dell’intrattenimento, dello sport e della politica.
Una dinamica continentale
È questo il caso del movimento di protesta nigeriano ENDSARS, esploso tra novembre e dicembre 2020 e diretto contro l’eccessivo utilizzo della violenza delle forze di polizia e militari nigeriane. In tale senso, il movimento nigeriano ha presentato sin da subito notevoli tratti di similarità, dal punto di vista delle rivendicazioni, al movimento statunitense del Black Lives Matter. Il parziale accoglimento delle richieste dei manifestanti nigeriani, focalizzate anche sulla marginalizzazione della popolazione under 30, è stato dovuto anche alla rapida diffusione sul tutto il territorio nazionale di gruppi di protesta spontanei, che tramite l’hashtag #ENDSARS, sui social media hanno documentato i moti di protesta.
Il movimento nigeriano per molti suoi aspetti è stato preso a modello dai gruppi di protesta che sono via via emersi nel continente negli ultimi due anni, sia nei contenuti (adeguata rappresentanza dei giovani, adeguate condizioni di vita, riforma delle forze di sicurezza e lotta alla corruzione), sia nella forma, ovvero moti di protesta spesso violenti organizzati e alimentati tramite i social media. Movimenti come quello nigeriano sono rilevabili in Tunisia, Algeria, Sudafrica, Sudan, Uganda, Repubblica Democratica del Congo, Malawi e Zimbabwe. Tutti questi movimenti, di là delle rivendicazioni specifiche e contingenti, appaiono accomunati da una radicale richiesta di cambiamento degli attuali sistemi di potere e dei modelli economici.
Di fronte alle proteste, numerosi governi nazionali hanno risposto riducendo lo spazio politico e mediatico
Di fronte ad una richiesta di cambiamento così radicale, numerosi governi nazionali hanno risposto riducendo lo spazio politico e mediatico a disposizione dei movimenti di opposizione. In quest’ottica, i social media hanno fornito ai movimenti di protesta africani dell’ultimo biennio uno spazio virtuale di discussione, aggregazione, confronto e organizzazione alternativo a quello del territorio nazionale giuridicamente supervisionato dalle istituzioni. A ben vedere, il trend di maggiore interesse evidenziatosi negli ultimi due anni non si limita solo ai contenuti e alle forme che caratterizzano i movimenti di protesta africani, ma riguarda la capacità di questi stessi movimenti di trasmigrare le agorà virtuali dei sociali media nelle piazze reali. A conferma di quest’ipotesi, parallelamente a questo trend si rileva un sempre più stringente e capillare controllo da parte di alcuni governi africani anche degli spazi virtuali.
Le restrizioni messe in atto dai governi ad oggi non hanno ridotto l’efficacia e la vitalità dei movimenti di protesta giovanili del continente. In ultima analisi, difatti, i movimenti di protesta che dapprima hanno trovato uno spazio alternativo alle piazze reali in quelle virtuali dei social media, oggi sembrano aver individuato mezzi e strumenti alternativi per agire tramite reti Internet globalizzate e non più unicamente nazionali.