RAEE, rifiuti elettronici: un tesoro nascosto

RAEE

Che cos’è un rifiuto RAEE, di che cosa è fatto e, soprattutto, dove bisogna buttarlo? Ancora oggi molti non lo sanno. La poca conoscenza degli italiani riguardo i RAEE (Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche) emerge in modo evidente nel recente studio condotto da Ipsos-Erion, che mette in luce alcuni degli atteggiamenti e degli errori più diffusi. Si registra, in generale, una tendenza ad accumulare o, comunque, a conservare i rifiuti elettronici.

Cosa si annida nei cassetti degli italiani?

Nei cassetti degli italiani si annidano, in media, 9 apparecchi elettrici/elettronici rotti o inutilizzati. Il problema, che sembra riguardare la maggior parte del campione intervistato, è rappresentato da una scarsa conoscenza che non consente il corretto smaltimento di tali apparecchiature. In altre parole, li conserviamo perché non sappiamo come smaltirli. Stando ai risultati pubblicati, l’81% degli italiani (otto italiani su dieci) dichiara di possedere almeno un apparecchio funzionante ma che non utilizza, mentre il 61% lo tiene anche se rotto (di questi il 33% sono cellulari, il 23% caricabatterie, il 17% computer portatili). Sono in molti a (39%) conservare questi apparecchi perché seriamente convinti di poterli riparare o di poterne utilizzare alcune parti come pezzi di ricambio (30%). Inoltre, sono diversi i casi in cui non si conosce la corretta procedura di smaltimento (23%) o si ha difficoltà a raggiungere i centri di raccolta e per questo motivo i RAEE vengono accumulati in casa piuttosto che buttarti.

Cresce la tendenza ad un errato smaltimento

Non tutti, però, sono soggetti a questa sindrome dell’accumulo. Cresce, infatti, la tendenza a buttare tali oggetti – e in questo caso si tratta soprattutto di rifiuti di dimensioni molto ridotte come caricabatterie, batterie usate, auricolari, cellulari – nel cassonetto della plastica o in quello della raccolta indifferenziata pur di eliminarli dalle proprie case.

Quali sono i RAEE più conservati?

Ma cosa si trova maggiormente nei cassetti degli italiani? La risposta è alquanto scontata, ovvero, le batterie, con più di un italiano su quattro che dichiara di avere delle pile esauste in casa. I RAEE sono rifiuti da trattare in maniera del tutto speciale e da smaltire secondo determinate modalità presso le isole ecologiche. Questo il punto cruciale che sembra sfuggire ai più: il loro essere costituiti da decine di materiali e componenti (dai metalli preziosi alle terre rare) li rendono rifiuti dall’impatto altamente inquinante e potenzialmente molto dannosi per l’ambiente. Il nostro Paese, povero di quei materiali e dei componenti che provengono proprio dal riciclo dei RAEE, trarrebbe un enorme beneficio economico dal loro corretto smaltimento, oltre ad un giovamento in termini ambientali di fondamentale importanza ai giorni d’oggi.

Un tesoro nascosto e sottovalutato

Secondo i dati di Erion Weee dal riciclo di 1.000 tonnellate di RAEE si estrarrebbero 900 tonnellate di materie prime (equivalenti, per avere un’idea, a due Frecciarossa). Plastiche (130 tonnellate), vetro (100 tonnellate), cemento (80 tonnellate), rame (25 tonnellate), alluminio (20 tonnellate), legno (10 tonnellate), materiali vari (15 tonnellate) questi sono solo alcuni dei materiali che si recupererebbero, oltre al risparmio in termini energetici (oltre 1,5 milioni di kWh di energia ogni mille tonnellate di RAEE gestiti) e di emissioni di CO2. Il quadro che emerge dal Rapporto è quantomai allarmante ed è, oggi più che mai, necessario invertire la tendenza dell’accumulo e dell’errato smaltimento in una corretta direzione del riciclo. Bisognerebbe sensibilizzare e responsabilizzare di più i cittadini attraverso campagne informative e implementando i punti di raccolta anche nelle piccole periferie dei centri urbani. Conservare i rifiuti elettronici in cantina o nel cassetto non significa risolvere il problema ma è, anzi, un gesto contro l’ambiente stesso.

Le mosse del Governo: incentivi per le imprese

Il Ministero della Transizione Ecologica ha recentemente individuato delle misure per incentivare l’introduzione volontaria, nelle imprese che effettuano le operazioni di trattamento dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), dei sistemi certificati di gestione ambientale. Il decreto del 15 giugno si rivolge alle imprese che effettuano operazioni di trattamento dei RAEE e «[…] il possesso dell’autorizzazione garantisce l’utilizzo delle migliori tecniche di trattamento adeguato, di recupero e di riciclaggio disponibili, nonché l’osservanza dei requisiti previsti […] per il trattamento adeguato e per il conseguimento degli obiettivi di riciclaggio e recupero». Cominciare dalle imprese è sicuramente il primo passo per avviare un circolo virtuoso dagli immediati benefici economici. Ma ancora oggi uno snellimento delle procedure burocratiche sembra necessario anche in questo settore, purché non si traduca in un minor controllo ma piuttosto in un sostegno verso quelle imprese che manifestano una maggiore attenzione verso i temi della sostenibilità ambientale e del riciclo.

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