La Zes Unica ha senso solo con una rete infrastrutturale a supporto. L’intervento di Marco Rettighieri, Presidente di Webuild Italia

zes unica

L’Italia non si sta rendendo ancora conto che il mondo che ci circonda è completamente cambiato. Noi siamo ancora legati a non considerare i fattori di rischio che sono presenti nel Mediterraneo. Il Mediterraneo non è solamente quello che i nostri progenitori, gli antichi romani, chiamavano medi terraneus, ossia “mare in mezzo alle terre”, perché i romani sono stati l’unico popolo a circondare interamente il Mediterraneo, a renderlo quasi un loro lago che purtroppo non è più nostro. Il Mediterraneo lo dobbiamo considerare fino a Bab el-Mandeb, che è quel piccolissimo stretto che mette in relazione il Mar Rosso con l’Oceano Indiano. Guarda caso, legandoci alla geopolitica, è dove stanno insistendo oggi i maggiori conflitti che stanno minando i commerci e che vedono l’Italia soffrire in modo particolare questo dirottare le merci verso altre rotte.

Zes Unica, non può funzionare se non si creano i presupposti infrastrutturali

I romani facevano terminare ogni loro strada che noi percorriamo tutti i giorni (Appia, Laurentina, Aurelia, eccetera) con delle rotte marittime. Non siamo nuovi a questa concezione. Una nave che arriva in un porto come può essere quello di Palermo o Gioia Tauro se non ha infrastrutture alle sue spalle non ha senso. Solo il 30% dei container – e ce ne sono 108 milioni in giro per il mondo, 108 milioni di TEU – transitano nel Mediterraneo. Dal 7 ottobre 2023 noi abbiamo perso il 30% di traffico marittimo che transita sul Mediterraneo. Questo significa miliardi. In questo scenario è venuto meno quello che io definisco sempre “ombrello statunitense”, gli Stati Uniti hanno abbandonato come loro area strategica il Mediterraneo. Taiwan oggi è molto più problematica come area rispetto al Mediterraneo. Quindi gli Stati Uniti perdono il Mediterraneo e, come per i vasi comunicanti, se c’è un canale che diminuisce ce n’è un altro che sale. Chi è che sale nel Mediterraneo? La Cina ovviamente – guardiamo il porto del Pireo che è stato acquisito dai cinesi con tutto quello che comporta –, ma c’è un altro attore principale nel Mediterraneo che è la Turchia, che sta piano piano conquistando il mercato libico, guarda caso il nostro grande fornitore di energia da sempre, e sta conquistando tutto il Nord Africa. L’Italia qualcuna la definiva una “portaerei in mezzo al Mediterraneo” un grande hub logistico, un portafoglio senza soldi dentro. Questo perché non abbiamo le infrastrutture necessarie e sufficienti per smaltire quello che eventualmente può essere scaricato da noi. Un container che rimane nel porto in cui è arrivato per più di 15 giorni non ha senso. Il porto deve essere in grado, attraverso infrastrutture adeguate di smaltire questo container nel più breve tempo possibile.

Gli Stati Uniti hanno abbandonato come loro area strategica il Mediterraneo in favore di Taiwan

Come Webuild Italia, di cui sono Presidente, stiamo realizzando il terzo valico a Genova proprio per far arrivare container a Genova, principale porto italiano con due milioni e mezzo di container smaltiti in un anno nel più breve tempo possibile perché l’anacronismo e la pazzia dei nostri commerci fa sì che le merci che devono arrivare a Milano facciano prima ad arrivare a Rotterdam e poi scendere giù. Oltretutto le variazioni climatiche a cui stiamo assistendo stanno mettendo a rischio, ovviamente per un aumento della crisi climatica, lo spostamento e le migrazioni e la crisi politica jihadista che sta contraddistinguendo tutta la fascia Sud del Mediterraneo e comporta un flusso migratorio che noi non sappiamo minimamente gestire. Nella zona di Bab el-Mandeb vengono attaccate le navi che transitano e che mettono in relazione Est e Ovest; è il punto più stretto, è dove il Governo italiano ha spedito due fregate proprio per cercare di difendere i nostri rapporti commerciali in quella zona. Il 40% delle merci che arrivano in Italia transita in quel punto; se viene bloccato l’unica rotta possibile è quella di fare il periplo dell’Africa. Che cosa vuol dire? 15 giorni in più di navigazione, noli, personale, rischio di navigazione. Tra Cipro e l’Egitto, il Libano e Israele, l’Eni ha scoperto uno dei più grandi giacimenti di idrocarburi che esista al mondo. Lì stanno convergendo, per aumentare l’instabilità di tutta quest’area dei paesi che fanno parte della Nato. La Turchia e la Grecia che agiscono tramite Cipro vogliono sfruttare quei giacimenti.

L’anacronismo dei nostri commerci fa sì che le merci che devono arrivare a Milano facciano prima ad arrivare a Rotterdam e poi scendere giù

Il tema della Zes Unica in questo contesto è veramente importante, ma se non si creano i presupposti infrastrutturali noi non saremo in grado di farla funzionare. Queste sono le rotte ante 7 ottobre 2023: Malta, l’Italia meridionale (questa enorme Zes), ma ci sono anche i porti di Trieste e di Genova. È una rete “fidel” come si suole definirla, quindi una rete fidelizzata per il trasporto dei container, perché tutte le nostre merci viaggiano attraverso i container. C’è un altro fattore da considerare. Solitamente per attraversare il canale di Panama le navi impiegano tra i 15 e i 18 giorni, perché ci sono i sistemi di chiusa, il livello del Canale di Panama deve essere continuamente variato. Il Canale di Suez no. Dopo averlo raddoppiato il Canale di Suez permetterà il transito alle navi da 20/22mila TEU. Questo che vuol dire? Che lo standard di tutte le navi portacontainer è diventato di 20/22mila TEU. Il porto di Genova – che è il più grande insieme a quello di Trieste e di Gioia Tauro per i fondali – lo stiamo ampliando, ma per chi se non creiamo i presupposti?

Zes, serve una rete infrastrutturale che ci permetta di andare avanti e riuscire a smerciare i container 

Forse non basta più dire Zes del Sud Italia con tutte le Regioni che abbiamo visto in precedenza, non basta più, noi dobbiamo creare un sistema-Italia per soddisfare tutte queste esigenze. Non basta più il singolo porto, o la singola regione, ma dobbiamo guardare al di là. In Italia vorrebbero investire anche alcuni Stati della Penisola Arabica. Gli Stati del cosiddetto MENA che sono quello che si affacciano sul Golfo persico se si è in Iran o Mare arabico se si è nella Penisola Arabica vorrebbero investire, ma vogliono avere delle garanzie e da noi le leggi, spesso e volentieri, cambiano dalla sera alla mattina. In tutto questo si inquadra anche il Piano Mattei. Attualmente la rotta del periplo dell’Africa è la più trafficata. Ormai hanno cambiato tutti nuovamente percorso da Bab el-Mandeb (Canale di Suez) al periplo dell’Africa, perché è più sicuro, anche se spendono di più. Ecco allora il perché dell’aumento delle merci che arrivano in Italia, perché una volta che fanno il periplo dell’Africa non conviene più andare nel Mediterraneo, ma conviene arrivare ai porti del Nord Europa che hanno il vantaggio di avere i canali navigabili, cosa che noi non abbiamo. Bene parlare di Zes, di questione meridionale, di legislazione che deve essere attinente a quella che è la realtà, ma se non c’è una rete infrastrutturale che ci permetta di andare avanti e riuscire a smerciare questi container dove serve, al centro dell’Europa, non andremo da nessuna parte. Noi abbiamo bisogno di idee che ci permettano di movimentare le merci. L’Italia sarebbe il posto ideale.

 

*Marco Rettighieri, Presidente di Webuild Italia.

estratto dall’intervento al convegno Zes Unica del Mediterraneo. Fattori socio-economici, logistici e geopolitici – Roma, 15 febbraio 2024.

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