Tempo libero, un lusso eroso da lavoro, Social e inflazione

tempo libero

La concezione moderna del tempo libero ha radici storiche profonde che risalgono all’avvento della Rivoluzione Industriale, portatrice di radicali cambiamenti nella società. Oggi la tendenza a considerare il tempo libero solo in funzione della produttività e del successo è resa evidente dal ritmo frenetico delle nostre vite e dalla costante competizione per l’eccellenza. Il tempo libero al giorno d’oggi viene spesso vissuto – e giudicato – come una mancanza di produttività piuttosto che come un dono, una possibilità da valorizzare, nonché come parte integrante della vita e non una deviazione da essa. Il tempo libero è, anzi, una delle conquiste del secolo scorso, sia come miglioramento della qualità di vita che come conquista sociale, rispetto a una condizione che separava le classi sociali abbienti da quelle lavoratrici.

Gli italiani utilizzano Internet più di 6 ore giorno, 1 ora e 47 minuti dei quali è dedicato ai Social 

Per quanto possa sembrare significativa la quantità di tempo risparmiata grazie alle nuove tecnologie, continua a persistere la sensazione di una mancanza di tempo difficilmente colmabile. In tal senso, è possibile individuare due principali implicazioni negative del ruolo che ha la tecnologia nell’influenzare la gestione del tempo libero. La prima riguarda l’utilizzo dei Social media che possono trasformarsi in una trappola che crea dipendenza, che ci fa perdere una grossa parte del nostro tempo libero fuori dalla realtà. Il report Digital 2022 di We Are Social rivela che gli italiani utilizzano Internet in media 6 ore e 5 minuti al giorno e che, quasi un terzo di questo tempo (1 ora e 47 minuti), è dedicato alla navigazione sui Social media. La seconda, invece, riguarda l’implementazione sempre più massiccia dello smart working che ha assottigliato il confine tra tempo di lavoro e tempo libero, sia da un punto di vista spaziale che intellettuale. La difficoltà nel porre un confine tra il tempo del lavoro e il tempo di vita è enumerato, infatti, tra le maggiori difficoltà legate allo smart working per i lavoratori. Il tradizionale modello del work-life balance sta lasciando il posto a quello del work-life blending che implica un’intersezione tra le due dimensioni, in cui l’una non esclude l’altra. Come mostrano i dati dell’indagine del Randstad Workmonitor 2020, il 71% degli italiani dichiara di rispondere a telefonate, e-mail e messaggi di lavoro anche fuori dal normale orario di lavoro, superando la media europea del 6%, mentre il 53% afferma di gestire le attività di lavoro anche durante i fine settimana e le ferie. Il 59% dei lavoratori italiani sostiene, inoltre, che la decisione di restare disponibili al lavoro durante il tempo libero non sia volontaria, ma sia piuttosto dettata dalle pressioni del datore di lavoro.

Lo smart working ha assottigliato il confine tra tempo di lavoro e tempo di vita

Secondo i dati del Rapporto “Benessere equo e sostenibile” pubblicato dall’Istat, la soddisfazione delle persone riguardo al loro tempo libero è diminuita drasticamente nel 2021, arrestando la tendenza di crescita che ha caratterizzato gli ultimi vent’anni. Il Rapporto indica, inoltre, che l’insoddisfazione per il tempo libero si verifica per tutte le fasce di età, ma in modo particolare tra i 14 e i 19 anni (-20% rispetto al 2020). Sebbene la percentuale di soddisfazione di questa fascia di età sia ancora alta, il divario con il gruppo più insoddisfatto (45-54 anni) si è assottigliato, passando dai 22 punti del 2019 ai 12,8 punti del 2021. Per quanto riguarda il tempo dedicato all’attività fisica, i dati prodotti dall’Istat confermano che il 77,7% delle persone che praticano sport in modo continuativo nel 2020 mostrano livelli di soddisfazione per il tempo libero più elevati. Il 75,9% delle persone che ha partecipato a due o più attività culturali fuori casa si è dichiarato molto o abbastanza soddisfatto del proprio tempo libero.

Il 39,2% dei lavoratori lamenta una mancanza di tempo da dedicare a sé stesso

Ma il tempo libero non è uguale per tutti, ed è ancora motivo di discriminazioni e disuguaglianze. La crescente pressione economica e sociale che caratterizza la società contemporanea sta trasformando un diritto in un bene di lusso. Nel Rapporto Italia 2023 di Eurispes, emerge che il 39,2% dei lavoratori lamenta una mancanza di tempo da dedicare a sé stesso (nel 2019 erano il 48,5%), un dato che si segnala in miglioramento rispetto al passato. Ma nel confronto europeo, gli italiani hanno meno tempo libero a propria disposizione: in media 4 ore e 53 minuti al giorno, rispetto alla Finlandia che è, invece, il paese europeo con il maggior tempo libero a disposizione in un giorno (5 ore e 50 minuti). In Italia, bisogna inoltre evidenziare che non tutte le figure hanno lo stesso tempo libero a disposizione, a causa della sovrapposizione di più ruoli, come ad esempio le madri occupate, che sperimentano un sovraccarico di tempi obbligati e difficoltà di gestire la vita quotidiana. Al contrario, altri individui, come gli anziani o i giovani inoccupati, hanno un’eccedenza di tempo a disposizione.

Più del 60% del tempo libero della popolazione anziana è impiegato in attività passive

La maggior parte delle persone (57%), inoltre, concentra le proprie attività di tempo libero tra le 21:00 e le 22:00. Anche la fascia oraria seguente mantiene una percentuale sopra il 50%. I giovani tra i 15 e i 24 anni dedicano circa il 22,6% della loro giornata al tempo libero, mentre tra i 25 e i 44 anni il tempo libero rappresenta solo il 16,4%. Il tempo libero arriva al 26,5% nella popolazione degli over 65. Tuttavia, non bisogna trascurare il dato che più del 60% del tempo libero della popolazione anziana è impiegato in attività passive, come il riposo o la visione della televisione, segno della necessità di promuovere un uso più attivo e salutare del tempo libero (dati Istat). In definitiva, non è solo la quantità di tempo libero che conta, ma anche quando e come viene utilizzato. Avere tempo libero non si traduce immediatamente in qualcosa di positivo se non crea benessere a sé stessi, alle relazioni sociali o se questo tempo si concentra quando non è possibile dedicarsi alle attività preferite – come nel caso, ad esempio, delle ore serali.

Il 57,2% degli italiani dichiara di aver ridotto le spese per il tempo libero negli ultimi 12 mesi

Dall’indagine condotta dall’Istituto Eurispes all’interno del Rapporto Italia 2023, inoltre, è emerso il modo in cui gli italiani hanno gestito il tempo libero dal punto di vista economico. Ovvero, a cosa hanno scelto di dare la priorità, pur affrontando un periodo caratterizzato da difficoltà per inflazione e crescita dei prezzi dei prodotti energetici. Dai dati Eurispes emerge innanzitutto che più della metà degli italiani, nel corso dell’ultimo anno, ha ridotto le spese dedicate al tempo per sé, ai pasti fuori casa e allo svago in generale, modificando le proprie abitudini in funzione del risparmio. Nel dettaglio, il 57,2% degli italiani dichiara di aver ridotto le spese per il tempo libero. Il 60,5% ha ridotto le spese per pasti fuori casa e il 58,6% per viaggi e vacanze. Entrando nello specifico, il 77,8% del campione dichiara di aver limitato le uscite fuori casa; circa il 70% ha preferito film in streaming, in dvd o su piattaforma al posto del cinema, mentre il 66,5% dichiara di frequentare meno eventi culturali quali concerti, mostre e spettacoli teatrali. Per risparmiare, il 63,6% del campione guarda le partite in Tv anziché andare allo stadio, e il 61% ha sostituito le uscite in pizzeria o al ristorante con le cene a casa con gli amici. In linea di massima, l’aumento dei prezzi riscontrato nell’ultimo anno ha generato un discreto cambio nelle abitudini degli italiani: il risparmio non riguarda solo gli acquisti di generi alimentari o di vestiti, ma incide nelle occasioni di socialità, intrattenimento o nella fruizione di contenuti culturali. In conclusione, considerando la difficoltà di bilanciare lavoro e vita, e i fattori economici che incidono sulle spese, ci si chiede ancora di più se il tempo libero sia tornato ad essere un privilegio più che un diritto.

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